VIA RASELLA

02.04.2023
Roma, via Rasella, attentato dinamitardo, i resti del corpo straziato, dilaniato da un esplosione di un bambino di anni 12 Pietro Zuccheretti e Antonio Chiaretti ("non risulta dalle fonti storiche consultate, che in via Rasella vi siano stati caduti civili". Rosario Bentivegna -Achtung banditen- 1983).
Al momento della detonazione, Alcide Degasperi è in compagnia di Giorgio Amendola. L'esplosione fa tremare i vetri, così questi dice al trentino: "Sentito che botto?!". Degasperi risponde: "Eh, voi comunisti, una ne pensate e cento ne fate". (https://www.tm-online.it/maledette-teste-di-legno-cosi-caddero-i-ragazzi-di-via-rasella/?fbclid=IwAR0p0DZSKjowAmumneCYBKyuDapMeacCDUEhquDIdgk-NmXEmYEL0wSXi4c) Un dialogo strano. Quasi divertito. A poche centinaia di metri, in Via Rasella, di divertente non c'è proprio nulla.
Tra gli attentatori Rosario Bentivegna e Carla Capponi, Carlo Salinari, Franco Calamandrei.
Il 13 marzo del '50 alcuni dei gappisti furono premiati, Rosario Bentivegna, Franco Calamandrei e Mario Fiorentini con la medaglia d'argento al valor militare, medaglia d'oro per Carla Capponi. Le proposte per i riconoscimenti non erano state avanzate dal ministero della Difesa. Si era trattato di una proposta "politica", presentata e avallata con un proprio decreto dall'allora presidente democristiano del Consiglio dei ministri, Alcide Degasperi, (Presidente della Repubblica Luigi Einaudi) lo stesso che poco dopo l'attentato si era incontrato con Giorgio Amendola, mostrando - secondo la ricostruzione dell'esponente comunista - un "ammirato stupore".
Le medaglie assegnate in tutta fretta da Degasperi avevano funzionato. Le Sezioni unite della Cassazione l'11 maggio '57 hanno confermato il verdetto assolutorio, in modo definitivo.
I nomi sostituiti da altri nomi, in una cinica roulette russa. Lista a parte, tra i miracolati, poi, c'è anche Antonello Trombadori, capo dei Gap che aveva appena voluto il massacro di Via Rasella provocando la rappresaglia tedesca. Al carnaio delle Ardeatine vengono spediti ragazzini di 15 anni e mutilati di guerra, ma lui no: all'ultimo viene infilato in un letto dell'infermeria del carcere, "intrasportabile". Alle Ardeatine finiscono gli altri. Viene sterminata l'élite non comunista della Resistenza: gli uomini di Giustizia e libertà, il colonnello Montezemolo e i suoi militari monarchici, 68 vittime (come scoprirò) sono di Bandiera Rossa, la formazione che non accettò mai di essere fagocitata dal Pci.
Donato Carretta, ammazzato, ex direttore del carcere di Roma, unica colpa essere un testimone, terribilmente scomodo. Era tra i pochissimi a sapere cos'era accaduto realmente a Regina Coeli il 24 marzo '44, quando bastava un tratto di penna per dividere la vita e la morte. La lista dei detenuti da mandare a morire alle Ardeatine venne cambiata fino all'ultimo, come si accerterà nel processo.
L'undicesima compagnia del Polizeiregiment Bozen era formata da 156 uomini, tutti italiani altoatesini di lingua tedesca. Quasi tutti contadini, artigiani, pastori o mugnai delle valli dell'Alto Adige, molti di loro avevano già prestato servizio di leva militare per il regio esercito italiano; avevano tra i 30 e i 40 anni, il governo nazionalsocialista che aveva accorpato al Reich l'Alto Adige aveva reso obbligatorio l'arruolamento.


Emilio Giuliana 

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