ASSOGGETTAMENTO E DECADENZA DELLE SOVRANITA' DEMOCRATICHE

03.01.2024

Appuntamento con la storia:articolo del sito web "IL REVISIONISMO OLOCAUSTICO IN ITALIA". Link sito: https://web.archive.org/web/20150407063559/https://vho.org/aaargh/ital/ital.html


Assoggettamento e decadenza delle sovranità democratiche

La "innovativa" presa in conto da parte del diritto penale contemporaneo dell'intenzione puramente

soggettiva (movente ultimo, arrière-pensée, foro interiore, o coscienza intima che sia), per la

definizione strutturale stessa dei crimini e dei reati, ha una fonte internazionale (1).

Questa fonte storica essenziale risiede nello statuto del Tribunale Militare Internazionale, incluso

nell'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945, così come nella giurisprudenza che ne è seguita. Ma ciò

che ben merita di essere chiamata la decadenza dei sistemi giuridici europei ha altre fonti estere, che

emanano da convenzioni e trattati dal contenuto moraleggiante, che mirano a fondare anzi un nuovo

ordine morale universale. Sotto la copertura dell'ordine morale occidentale e mondialista è stato

edificato il sistema che ha fatto uscire dai confini religiosi la cattiva coscienza secolarizzata. Questo

fenomeno, come vedremo, è in gran parte il frutto dell'unione che le circostanze hanno creato tra la

plutocrazia puritana e l'"antifascismo".

Le convenzioni e i trattati internazionali, fondati su una «morale di unanimità ed ortodossia» (vedi

Robert Munchenbled) dalle pretese universali, pullulano, e strumentalizzano un "dovere alla virtù".

Sono atti multilaterali tramite cui i paesi europei partecipanti, in nome dell'"etica" rivelata dalle

Nazioni Unite, non cessano di abdicare a grandi passi alla sovranità "democratica" nazionale.

Prima, questa sovranità veniva fondata, specie in Francia, sull'imperativo della "salute pubblica"

della Nazione, cara ai rivoluzionari del 1793; ma poteva anche richiamarsi alla tradizione nazionale

precedentemente incarnata dal Re, che, da parte sua, si riteneva ricevesse la sua sovranità da Dio; ed

ancora nella prima parte del ventesimo secolo la sovranità sfuggiva alla metafisica mondialista

debilitante dei Diritti dell'Uomo, cui essa è ora invece strettamente assoggettata. Così che ogni

reticenza, ogni ribellione a questo nuovo ordine morale è giudicata oscena, e non può costituire

altro che il fatto di "estremisti" indifendibili, dediti al vizio ed alla fornicazione spirituale con idee

impure e peccaminose.

L'intero Occidente è ormai assoggettato alla metafisica neoprimitiva dei Diritti dell'Uomo, senza

troppe finezze intellettuali o teologiche, ma che si pretende nondimeno immanente ed universale. I

Diritti dell'Uomo si vogliono in particolare superiori alla stessa sovranità "democratica", per quanto

gli zelanti fautori dei primi rivendichino una sorta di proprietà immateriale sull'aggettivo della

seconda... Copyright incongruo e paradossale, fondato su un'illusione retorica che sovverte il senso

delle parole. I Diritti dell'Uomo sono così, nel mondo contemporaneo, circonfusi di una divinità

ineffabile, che dà loro un'imponderabile essenza detta "democratica" per definizione, e li pone al di

là delle contingenze democratiche tradizionali quali il suffragio universale o il diritto dei popoli di

disporre di se stessi. Così, la pretesa "giustizia internazionale" e le grandi istituzioni internazionali

costrittive sono coperte dalla santificazione "giusumanista", senza che la loro tecnocrazia di ferro

debba niente ad elezioni o a volontà popolari o simili orpelli del passato.

La democrazia dell'Occidente, ormai soggiogata da una morale superiore trascendente, non è ormai

infatti che un mezzo contingente, sospendibile in caso di necessità, e non più la sorgente

fondamentale del potere. La volontà dei popoli non può essere ancora detta "sovrana" se non

tramite il ricorso alla "neolingua" orwelliana che infetta tutti i nostri discorsi (2).

Tutte queste abdicazioni di sovranità avvengono a profitto della cosmopoli del nuovo ordine morale

e finanziario in via di consolidamento, al servizio di fatto della formidabile egemonia plutocratica

americana. Tale è lo sbocco dell'involuzione sovversiva, abbozzata a Londra (1945) e a Norimberga

(1945-1946), e che ha poi davvero cominciato ad estendersi al mondo intero sotto l'egida dell'ONU,

(1) Eric Delcroix , noto avvocato penalista di Parigi, già vicino alle posizioni del GRECE, è stato coinvolto nei

principali processi francesi per reati di opinione, tra cui quello che ha coinvolto Guillaume Faye per il libro La

colonisation de l'Europe già discusso su l'Uomo libero n. 51. E' autore di Manifeste libertin, La police de la pensée

(per cui ha dovuto lui stesso subire procedimenti: vedi le informazioni rese pubbliche dal sito revisionista Aaargh) e

Le thé âtre de Satan. Décadence du droit, partialité des juges , da cui è tratto il presente articolo, tutti pubblica da

L'Aencre di Parigi. [Nota del Traduttore]

(2) Vari termini utilizzati dall'autore, come neolingua ("newspeak"), stopreato ("crimestop"), psicopolizia

("psychopolice"), psicoreato ("psychocrime") etc., sono tratti dal famoso libro di George Orwell, 1984, la cui ultima

edizione italiana è Mondadori, Milano 2002, ma che facimente reperibile anche online (cfr. la versione originale

Web). Vedi anche Vittorio Barabino, Il linguaggio dell'utopia. Un'analisi della neolingua in 1984 di George Orwell.

[Nota del Traduttore]

a partire dalla famosa Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948. Troviamo qui un

dispositivo iniziale di importanza primaria, propriamente metafisica, la cui conoscenza è

indispensabile alla comprensione del nuovo ordine mondalista, semi-religioso benché strettamente

materialista; un nuovo ordine morale che intende ormai reggere direttamente lo status degli

individui, divenuti così soggetti di diritto internazionale pubblico, dopo essere stati per lungo tempo

soggetti di diritto privato in seno a potenze pubbliche multeplici e particolari (clan, caste, tribù, città

e Stati).

Si tratta forse della realizzazione finale del sogno dell'americano Henry David Thoreau (1817-

1862), pensatore anarchico e "puritano illuminato", per il quale l'individuo doveva primeggiare

sullo Stato in modo assoluto; posizione che conduce in realtà allo Stato mondiale, così come è vero

che l'individualismo assoluto conduce all'universalismo assoluto – e all'assolutismo universale.

Louis-Edmond Pettiti (1916-1998), che fu presidente dell'ordine degli avvocati di Parigi e giudice

alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, si è fatto portavoce di questa mutazione a favore del

nuovo rule of law con un entusiasmo incondizionato. Celebrando a Notre-Dame (!), il 10 dicembre

1978, il trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale, questa nuova metafisica del diritto,

dichiarava: «L'opera delle Nazioni Unite sulla scala dei cinque continenti è consistita nel sorpassare

la barriera dello Stato Leviatano e nel fare accettare la competenza delle Commissioni sui Diritti

dell'Uomo e della Commissione contro il Razzismo e la Discriminazione. [...] La seconda tappa era

quella dell'ammissione di procedure instaurate da petizioni individuali e di enti privati. L'uomo

diveniva un soggetto di diritto internazionale, persona munita di pieno accesso alle istituzioni

sovrannazionali, al di là degli stessi diritti che deteneva nel suo paese di appartenenza. Questa

mutazione è stata una rivoluzione storica» (3).

Amen...

Divenuti soggetti di diritto internazionale pubblico, gli individui possono agire per le loro

rivendicazioni, senza tramiti né intermediari sovrani, in nome dell'universalità e dell'immanenza dei

Diritti dell'Uomo. Divenuti soggetti di diritto internazionale pubblico, nello stesso modo ed allo

stesso titolo degli Stati, gli individui possono dunque essere strumentalizzati a piacere a spese

dell'interesse generale e delle sovranità politiche, rese sussidiarie. Gli Stati europei accettano senza

un lamento questo stato di cose invertito. E' vero d'altronde che gli Stati nazionali sono sempre più,

al di là di ogni buon senso, Stati moralisti serviti da un personale largamente corrotto (ma

"antirazzista"), e non Stati amorali serviti di preferenza da persone virtuose (cioè oneste e di

carattere).

Oggi, per esempio, il diritto di ogni immigrato, foss'anche giudicato indesiderabile, può interdire

una politica restrittiva mirante alla sua espulsione, e imporre la riunione tra di noi della sua

famiglia, in nome del suo diritto «al rispetto della sua vita [...] familiare» (art. 8 della Convenzione

europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo). Per la gioia della canaglia ed a vantaggio

dell'arroganza: un singolo trafficante di droga o un immigrante clandestino può così imporsi pur

contro la "volontà democratica" di non importa quale grande popolo europeo. L'immigrazione

massiccia diventa anzi istituzionalmente e moralmente impossibile da contrastare. Eppure, molto

potrebbe essere eccepito sulla immigrazione extra-europea attuale: non induce da parte degli

immigrati un razzismo masochista all'inverso, dato che ciò che vogliono è non vivere più in paesi

dove le maggioranze ed i governi non siano bianchi ed europei? I popoli occidentali, non avendo

più nei confronti degli individui prerogative sovrane piene ed integre, sono votati ad essere

sommersi demograficamente. In questo campo, i popoli europei non si vedono più neppure

riconoscere il diritto elementare alla legittima difesa. E' divenuto impossibile imporre una volontà

politica la cui giustificazione risieda nell'"interesse generale". Ed è così che viene in essere la

tragedia del ventunesimo secolo.

Pereat mundus, fiat iustitia, dice l'adagio latino degli estremisti del diritto della decadenza. Che

tutto vada al diavolo purché ciò avvenga per la "giustizia" individuale, per l'assunzione dell'Uomo

astratto e normalizzato nel regno dei cieli. Esattamente l'inverso della saggezza sociale secondo

Goethe, per cui persino un'ingiustizia è meglio che l'instaurarsi del disordine.

I Diritti dell'Uomo devono dunque imporsi, quali che siano le conseguenze sulle prerogative

storiche, civili e demografiche delle collettività naturali ed organiche (come le famiglie e le nazioni,

(3) Cfr. La Gazette du Palais 14/07/1999, pag. 20.

senza sosta vilipese) (4) E tuttavia, persino dal punto di vista dell'individuo che ne viene reputato

beneficiario, i Diritti dell'Uomo non sono privi di conseguenze inquietanti, giacché comportano

anche l'affermazione del fatto che il ladro ha altrettanti diritti del derubato, così come lo stupratore o

l'assassino rispetto alla sua vittima, l'immigrante clandestino rispetto a chi è invaso e spossessato

del suo santuario storico ed etnico. Tutti diritti sacri, e privi d'altronde di doveri correlativi.

Cosicché qualsiasi balordo impenitente ha un credito illimitato e imprescrittibile nei confronti della

"società", cioè delle persone oneste...

Ogni tesi sull'adattamento della repressione alle necessità imposte dalla minaccia criminale, fondata

su un'idea di legittima difesa sociale, d'interesse generale o di salute pubblica si trova così

delegittimata in partenza. Un'illustrazione di questo fatto ci viene data dall'inibizione dei paesi

europei nei confronti dell'immigrazione illegale di popolamento. Per esempio, nessuno osa chiedere

la denuncia della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati politici

(all'epoca creata per persone che si spostavano da un paese all'altro in ambito europeo) o

l'internamento degli invasori in campi d'espulsione.

Ogni nozione di legittima difesa sociale, d'interesse generale, di salvezza pubblica e di volontà

popolare, ricorso ultimo e "democratico" dei popoli, si ritrova così sconfitta dagli effluvi deleteri

della nuova pietas. E ciò qualsiasi possano essere le conseguenze generali e storiche per la

collettività, la cui evocazione si urta contro il riflesso di stopreato, di autointerdizione ed

autocensura mentale preventiva, come nel termine inventato dalla neolingua orwelliana in 1984. In

compenso, ogni pietà scompare in modo quasi magico, nel sottofondo foderato di bombe della

strategia della US Air Force, nel momento in cui la pietà potrebbe essere d'intralcio ai disegni del

Denaro.

L'avvento del messianismo materialista su scala mondiale

L'ispirazione unica di questo sistema (raccoltosi in seguito intorno all'"antifascismo" che ne è

divenuto uno dei motori fondamentali, come vedremo) risiede nella coniugazione dell'agostinismo

politico, proprio al puritanesimo calvinista americano, e del messianismo ebraico.

L'agostinismo è stato definito come «l'assenza di distinzione formale tra il campo della filosofia e

quello della teologia, cioè tra l'ordine delle verità razionali e quello delle verità rivelate». Più

precisamente per agostinismo politico si intende «la tendenza ad assorbire il diritto naturale nella

giustizia soprannaturale, il diritto dello Stato in quello della Chiesa» (5). In altri termini, il

riassorbimento delle funzioni politiche e amministrative profane da parte della religione

istituzionale, della Chiesa o delle Nazioni Unite, riassorbimento ispirato al dispotismo orientale. La

conseguenza indotta sulla dottrina giuridica è il riferimento ricorrente all'autorità suprema della

Bibbia [alias] più in particolare al Pentateuco (la Torah ebraica) e al Vangelo.

Uno spirito biblico comune al giudaismo ed al calvinismo puritano presiede a questo incontro di

dottrine, spirito trasmesso da organizzazioni e sette quali la massoneria o i suoi succedanei

oligarchici moderni (la Trilaterale, il Bilderberg Group, il Congresso Ebraico Mondiale, il Siècle in

Francia, il B'nai B'rith, etc.). L'idea direttrice risiede nella credenza in un' "elezione" o

"predestinazione" divina di certi uomini e in una ricompensa terrestre correlativa, o mal distinta da

queste. Gli "Eletti" erano all'origine gli ebrei storici o pretesi tali, promessi alla ricompensa su

questa terra: «Yahvé il tuo dio ti eleverà al di sopra di tutte le nazioni della terra [...] Yahvé ti

procurerà una sovrabbondanza di beni: frutto dei tuoi lombi, frutto del tuo bestiame e frutto della

(4) Su diritti dell'uomo vedi nello stesso senso, su l'Uomo libero n. 12, "Indagine sui diritti dell'uomo", di Stefano Vaj

(poi ampliato nel saggio Indagine sui diritti dell'uomo. Genealogia di una morale, LEdE-Akropolis, Roma 1985,

ordinabile a https://www.orionlibri.com), nonché Adriano Scianca, "Diritti dell'uomo?", in Orion n. 226 del luglio

2003 (reso disponibile in italiano e spagnolo anche da vari siti Web), ed ancora il dossier di Guillaume Faye su

Eléments n. 37 ("Droits de l'homme: le piège") e l'opera di Pierre Chassard, Remarques sur les droits de l'homme

(Mengal, Bruxelles 2001, ordinabile a Librairie Nationale) . Sempre molto critico, ma oggi con sorprendenti

concessioni alla political correctness, resta anche Alain de Benoist in Oltre i diritti dell'uomo, Edizioni Settimo

Sigillo, Roma 2004 (vedi anche l'edizione originale Web). [Nota del Traduttore]

(5) Secondo Padre Mandonnet, citato in L'Augustinisme politique, di Henri-Xavier Aquilière, Librairie philosophique J.

Vrin, Parigi 1972, pag. 53-54.

tua terra, su questa terra che ha giurato ai tuoi padri di donarti. Yahvé aprirà per te i cieli, il suo più

grande tesoro, per darti a suo tempo la pioggia, e per benedire le tue opere» (6).

In effetti, per le sue tendenze "padronali", il giudaismo presenta i caratteri di un'etica e di una

metafisica del capitalismo, come ha mostrato magistralmente Werber Sombart (1863-1941), per il

quale d'altronde «ciò che noi chiamiamo americanismo non è che lo spirito ebraico che ha trovato la

sua forma definitiva» (7). Si tratta più precisamente del capitalismo finanziario volatile e speculatore

poiché essenzialmente nomade, marcato dal sua origine ebraica "errante".

Edouard Valdman ha recentemente definito la questione, senza ambagie e circonlocuzioni, in

affermazioni che sembrano sinora coperte da una sorta di "immunità etnica" rispetto alla legge

francese del 1972 (8): «L'ebreo è colui che esce dalla terra del signore e del contadino per creare con

il mondo un altro rapporto, che si apparenta ad un errare primordiale. Il denaro gli assomiglia. Il

denaro e l'ebreo sono di fatto la stessa cosa. Entrambi sono erranti. Di più, l'ebreo, il denaro lo fa

lavorare, il che è peggio di tutto. E la chiesa, questa potenza morale, vieta l'usura, questa

abominazione. [...] Il grande Shakespeare stesso l'ha sottolineato. L'ebreo pone un velo sordido su

tutta questa gratuità, su tutta questa fraternità. [...] Marx situa la nascita dei diritti dell'uomo nel

1789... un punto di vista singolarmente riduttivo e miope per un uomo con l'intenzione di cambiare

il mondo. Non gli spiaccia, i diritti dell'uomo cominciano nel momento in cui l'Uomo nasce, cioè

nel momento in cui si fa errante, e più tardi nel momento in cui riceve la Legge» (9).

Edouard Valdman, presidente dell'Associazione degli scrittori ebrei di lingua francese, è stato

avvocato nel foro di Parigi dove si è fatto araldo dello spirito del sessantotto. Oggi, segno dei tempi,

presta la sua penna a Le Figaro, giornale molto borghese, chic e perbene, e d'altra parte alla rivista

ebraica L'Arche. Della sua opera Le juif et l'argent, il presidente dell'ordine degli avvocati di Parigi

Henri Ader a detto: «Bisogna leggerla...» (10). Ecco fatto.

Per Karl Marx, lui stesso di razza ebraica, «il fondo profano del giudaismo è il bisogno pratico,

l'utilità personale. Qual è il culto profano dell'ebreo? I traffici. Qual è il suo dio profano? Il denaro.

Ebbene, emancipandosi dai traffici e dal denaro, di conseguenza dal giudaismo, l'epoca attuale

emanciperebbe se stessa. [...] L'ebreo si è emancipato in maniera ebraica, non soltanto rendendosi

padrone del mercato finanziario, ma perché, grazie a lui e suo tramite, il denaro è divenuto una

potenza mondiale, e lo spirito pratico ebraico lo spirito pratico dei popoli cristiani» (11).

Tale d'altronde era l'idea dell'austriaco Otto Weininger (1880-1903), israelita apostata, «filosofo

tanto altamente dotato» secondo Sigmund Freud: «L'ebreo non presta fede a nulla e cerca rifugio

nelle cose materiali: da qui la sua sete di denaro» (12).

Il discorso di Weininger può parere scandaloso, ma non lo è di più di quello di un Eduoard Valdman

o di un Karl Marx. Se le affermazioni di Valdman e di Marx sono, diciamo così, un po' estreme,

hanno nondimeno il merito dell'acutezza analitica. Per di più. provengono da persone considerate

come autori moralmente rispettabili, e dunque non "estremisti" secondo la terminologia puritana

attuale.

Per ciò che riguarda invece lo spirito puritano e calvinista, Michael Mourre ne dà questa definizione

(6) Deuteronomio , 28, da 1 a 14.

(7) Werner Sombart , Gli ebrei e la vita economica, Edizioni di Ar, Padova 1997.

(8) Sulla legge Pléven in Francia vedi Georges Paul Wagner, Description, analyse e critique de la loi du 1er Juillet

1972 dite anti-raciste, La Libre Parole, Parigi 1989, ed ancora il resto libro di Eric Delcroix da cui è tratto il

presente articolo, nonché l'articolo "Le leggi repressive in Francia" di Pierre De Salagnac, Stéphane Lefart in

l'Uomo libero n. 37 [Nota del Traduttore]

(9) Edourd Valdman , Les juifs et l'argent, Editions Galilée, Parigi 1994, pagg. 38-39 e 83.

(10) La Gazette du Palais , 25/05/2001, pag. 50.

(11) Karl Marx , La questione ebraica, [edizione italiana Web] Manifestolibri, Milano 2004.

(12) Otto Weininger , Sesso e carattere, Feltrinelli, Milano 1978 (e più recentemente Edizioni Studio Tesi, Pordenone

1992).

concisa, che sottolinea la sua parentela intrinseca con l'ebraismo: «Come ha mostrato il sociologo

Max Weber in studi rimasti celebri, la predestinazione dona al fedele un sentimento di solitudine

interiore; provoca un "disincantamento" del mondo che può di conseguenza divenire preda della

conquista economica. Il puritano troverà la certezza della predestinazione nei risultati del suo lavoro

indefesso, nella riuscita della sua impresa. E dato che la sua morale gli proibisce il godimento

sfrenato dei beni di questo mondo, il puritano ne è ricondotto ad accumulare il suo capitale, ad

investire per ottenere ancora di più, e assicurarsi così una prova ancora più eclatante della sua

salvezza» (13).

Effettivamente, per Max Weber [alias, alias] (1864-1920), la sorgente puritana dello spirito del

capitalismo moderno risiede precisamente nel New England del diciassettesimo secolo (14).

La forma oggi più corrente di questo stato d'animo giudeopuritano si trova dunque in questi famosi

"diritti dell'uomo". Nati con l'erranza nomade, se dobbiamo credere all'avvocato Valdman, sono

oggi inclusi in una visione del mondo moralista, dovuta più specificamente al puritanesimo

americano. Si tratta di una Carta universale riduzionista, totalitaria e semi-teologica, che tende a

fare credere agli uomini che i sognati tempi messianici della giustizia universale sono finalmente

venuti, così come sarebbero arrivati i tempi della felicità materiale, del consumismo e

dell'arrangiarsi sottobanco, in nome dell'individuo creditore infinito della natura. Il saccheggio è

d'altronde giustificato dal dono biblico di Dio, forzosamente preso alla lettera. giacché il

puritanesimo è anche un integralismo: «Siate il terrore e la paura di tutti gli animali della terra e di

tutti gli uccelli del cielo, come di tutto ciò di cui la terra formicola e di tutti i pesci del mare; sono

consegnati nelle vostre mani. Tutto ciò che si muove e possiede la vita vi servirà di cibo, vi dò tutto

ciò così come la verdura delle piante, [...] Per voi, siate fecondi, moltiplicatevi, pullulate sulla terra

e dominatela» (15).

E' dai germi di questa dismisura antropocentrica che sarà affetto l'Occidente all'aurora dei tempi

moderni. Per Cartesio, nel suo Discorso sul metodo [versione cartacea con testo originale a fronte]

(1637), noi dobbiamo renderci «padroni e possessori della natura», senza la misura che si

imporrebbe a colui che non si escludesse preventivamente dalla sua naturalità, dalla sua animalità

primordiale. Per Heidegger, «la scienza di Cartesio non cessa di aggirarsi intorno alla magia di cui

denuncia l'impostura, ma non l'ambizione» (16). Troviamo qui lo sbocco delle idee utopiche circa la

pretesa "fine della storia", laicizzata ai nostri giorni tramite un recupero materialista evidente del

messianismo biblico, accessibile tanto a spiriti giudeopuritani che a marxisti del resto delusi nella

loro speranza comunista.

E' sintomatico che questi famosi "diritti dell'uomo" esacerbati, indotti dalla Bibbia, ignorino nozioni

morali o estetiche essenziali nella civiltà europea, quali il dovere, la buonafede, la franchezza, la

dirittura, l'onestà, la lealtà, il civismo, l'onore, la fedeltà, il merito, il carattere (la virtus romana) o

l'eroismo. Queste virtù antiche sono già superate, e derise da tutti i mezzi di comunicazione, venduti

alle potenze del denaro. I Diritti dell'Uomo, fumosi, ma dalla temibile efficacia sovversiva,

oppongono loro l'individualismo radicale dell'«utilità personale», principio socialmente deleterio

per le sovranità nazionali, i diritti dei popoli, delle famiglie e delle altre entità organiche, fondate

per natura sulla legge del sangue. Le virtù tradizionali, perché non quantificabili, sono escluse da

una possibile strumentalizzazione giuridica da poarte del moralismo dei Diritti dell'Uomo.

Questo pensiero capitalista totalitario ha per centro d'irraggiamento gli Stati Uniti, per quanto possa

predicare e incoraggiare il nomadismo universale della "erranza primordiale" ebraica di cui parla

Valdman. E' vero che questo "errare" può ben essere virtuale grazie alle operazioni di Borsa; e,

onnipresente nella società americana, questo spirito nomade ciò malgrado trova talora dei limiti

relativi tra i Wasp (white-anglo-saxon-protestant), cronicamente colpiti dal ripiegamento politico;

(13) Michel Mourre, Le Petit Mourre, Edition Bordas, Parigi 1990, voce "Les puritains en Amérique. Puritanisme et

capitalisme", pag. 725.

(14) Max Weber , L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano 1991.

(15) Genesi , 9, 1 e 7.

(16) Jean Bauffret, Dialogue aver Heidegger, Editions de Minuit, Parigi 1993, volume IIIm pag. 35.

ma questa tendenza ricorrente, più o meno espressa dal cosiddetto isolazionismo, è praticamente

scomparsa sotto la presidenza di Bill Clinton e poi di George W. Bush.

Il pensiero capitalista s'appoggia sulla forza, sempre giustificata da una morale di usurai, di

aggiottaggisti e profittatori, che nasce dal puritanesimo ed invoca Dio. Secondo Roger Garaudy

[alias], questo pensiero è quello «d'una religione che non osa dire il suo nome: il monoteismo del

mercato. [...] Il mercato non si trasforma in religione che quando diventa il solo regolatore delle

relazioni sociali, personali o nazionali, sola sorgente del potere e delle gerarchie. [...] La droga è

divenuta l'incenso della nuova chiesa. [...] Corollario del monoteismo del mercato: la corruzione»

(17). La posizione del professor Garaudy, illuminata dalla cultura della critica marxista al

capitalismo, coincide qui in modo coerente con il nostro approccio, pure concepito agli antipodi del

suo. Il buon senso appoggiato dall'osservazione attenta consente di superare gli spartiacque sociali e

politici. Due più due fa quattro...

I valori del "monoteismo del mercato" hanno il sopravvento sulle virtù dell'antica Grecia: la

concezione etica e quantitativa del mondo respinge brutalmente e senza condizioni la concezione

uscita da un'altra etica, ma soprattutto da un'altra estetica; la visione qualitativa della vita è

diventata sospetta ("fascista").

Messianismo capitalista e ideologie sessantottine

Con mezzi materiali considerevoli e un arsenale psicologico sbalorditivo, la mondializzazione è

stata imbellettata dall'ideologia mercantilista. Paradosso vistoso, la riuscita mondiale di questa

ideologia bigotta ed eversiva si è compiuta attraverso lo spirito della sinistra radicale ("goscista" in

Francia, e in ogni caso "antifascista") sessantottina. La sedicente rivoluzione occidentale del 1968

non ha fatto paura a Wall Street, ed è stata facilmente recuperata dalle democrazie moraliste di

Borsa. Lo spirito sessantottino, uscito da uno spirito professorale da grillo parlante, è finito nel giro

di una generazione dalle pretese rivoluzionarie alla sovversione del Denaro, sovversione che è la

vera legge dell'Occidente contemporaneo, basato su un'etica svaccata e crepuscolare basata sulla

cattiva coscienza.

Lo spirito del sessantotto, pretesamente libertario, ha condotto all'irenismo neo-rousseauiano

pseudo-permissivo, che pure nega ogni legittimità alle opposizioni, considerate ostacoli immorali,

"fascisti-razzisti", alla Verità ed al Progresso salvifichi. Basti guardare chi è al potere in Francia,

dall'ex militante trozkista Jospin all'opinion leader Serge July (già portavoce della Gauche

prolétarienne nel 1971), così come in altri paesi occidentali. Per esempio, negli USA abbiamo visto

il trionfo sintomatico dell'ex militante contro la guerra del Vietnam Bill Clinton, di cui l'erede

conservatore George W. Bush non rinnega nulla. O in Germania l'avvento dei sessantottini patentati

come Schroeder, Schily o Fischer. A livello europeo. Xavier Solana, l'ex segretario generale della

NATO, questa sorta di polizia politica mondialista, è diventato capo della diplomazia dell'Unione

Europea.

Edouard Valdman osserva d'altronde, in modo pertinente: «contro tutte le idee, radicate da sempre,

il denaro è veramente la potenza rivoluzionaria [o per meglio dire, eversiva e nichilista] per

eccellenza» (18). I sessantottini, attivisti intriganti o attendisti intrigati, l'hanno perfettamente

percepito anche quando momentaneamente storditi dagli effluvi dell'«incenso della nuova Chiesa»

(Garaudy). Hanno grassamente prosperato, senza alcun disagio, nel conformismo sovversivo

dell'ipercapitalismo borsistico e spesso nel «corollario del "monoteismo del mercato": la

corruzione». Un commentatore autorizzato ha così potuto scrivere: «Cosa resta oggi del

Sessantotto? E' nel modo più naturale del mondo che il libertarismo rivoluzionario ha trovato il suo

"sbocco" nella fusione con il liberalismo dominante, quello dell'ordine economico. Questo recupero

del libertarismo sessantottino da parte del liberismo mercantilistico resta, trent'anni dopo, il

principale bilancio, il marchio principale del Sessantotto» (19).

(17) Roger Garaudy , Les Etats-Unis, avant-garde de la décadence, Editions Vent du Large, Parigi 1997, pagg. 15-18.

(18) Op. cit. . pag. 43.

(19) J.B., "Un très sévère examen de conscience", in Le Figaro 19/03/2001, pag. 20.

Ma attenzione, i sessantottini non hanno tradito l'essenziale: continuano a ricevere l'eucarestia

"antifascista" ed "antirazzista", basi ordinarie del nuovo imperativo categorico esclusivo

dell'Occidente. Le basi ideologiche moralizzatrici condivise ed obbligatorie, che sono state

insegnate loro dai professori installatisi nel dopoguerra, sembrano aver per vocazione di abolire

l'immemoriale ed universale diritto del sangue (il famoso ius sanguinis oggi sospettato di

"razzismo"). Salvo naturalmente per la trasmissione ereditaria dei beni materiali, o della qualità

religiosa di ebreo...

Uno dei corollari principali è che il Denaro non è certamente più neutro. Non è più un mero termine

di scambio prosaico, un semplice mezzo pratico. Funziona ormai come il motore di un'ideologia

messianica materialista e totalitaria. Il Denaro, nerbo delle mafie divenute il virus mutante della

plutocrazia, regna come un'entità quasi personalizzata, corrompendo il mondo in un edonismo

primitivo, volgare, egoista, sterile e consumista. Il sistema biblico e cristiano, fondato su una morale

ascetica, sbocca in effetti nei peggiori eccessi non appena l'ascesi religiosa finisce per smorzarsi...

Questa deriva materialista era e resta spesso estranea ai costumi dei suoi rigorosi ed austeri

precursori e promotori puritani, da parte loro alquanto ascetici, che si negavano e talora si negano

tuttora «il godimento sfrenato dei beni di questo mondo»; ma certo non la corruzione attiva

sistematica («Osama bin Laden. Vivo o morto. 250.000.000 di dollari di taglia»). Si tratta in fin dei

conti della corruzione degli altri, di quelli cattivi, passivi, non "predestinati", condannati ad

acquistare. Strana visione del mondo, che invoca il proto-umanismo indotto dal Nuovo Testamento

per sé e i propri, ma applica la crudeltà dell'Antico Testamento all'esterno, agli altri, tagliati fuori da

Dio e dunque perduti dalla maledizione.

Questa deriva materialista è forse più o meno accettabile in America, e in ogni caso funziona là

dove la separazione tra il sacro e il profano resta sfumata, ma diviene assolutamente disastrosa

quando esportata. I regimi vassalli, come gli Stati europei, si trasformano in sistemi alla deriva

verso la corruzione generalizzata, a cominciare dalle più alte funzioni governative. Régis Debray ha

osservato in modo molto pertinente che il mercato non era per nulla un "punto di coesione" della

nostra epoca, contrariamente all'opinione diffusa: «Ciò che salva la società americana

dall'atomizzazione individualista è il monoteismo. Negli Stati Uniti non vi una religione ufficiale,

ma l'ufficialità è intrisa di religione. Voler importare il culto del biglietto verde, delle stock options o

della Borsa senza la spiritualità che si accompagna ad essi: è cosa per lo meno inconseguente,

ovvero pericolosa» (20).

L'Europa è così proiettata totalmente fuori dal mondo che era in fondo il suo sin dall'antichità greca,

e che prevaleva nell'economia pre-capitalista, in cui «è l'uomo che forma il centro degli interessi

economici, [sotteso] ad una volontà [...] interamente e rigorosamente straniera alla concezione

mammonica della cose» (21).

In nome della morale dunque e del monoteismo del mercato, sotto l'imperio della cattiva coscienza

secolarizzata, l'occidente è proiettato in un nuovo mondo di cupidità punica, fuori da quella sfera di

civiltà immemoriale di cui Louis-Ferdinand Céline (1894-1961) diceva che aveva per ideale «il

fervore per il gratuito, ciò che manca di più oggi, spaventosamente. Quel gratuito che solo è

divino» (22).

Ma questa gratuità, come conferma l'etologia, non esiste in natura se non in fase con la legge del

sangue, come principio vitale e biologicamente razzista («Razzismo è famiglia. [...] E' uno per tutti,

tutti per uno», Céline).

Dal Leviatano a Mammona, nuovo Messia

Un secolo dopo che Calvino aveva aperto il prestito a interesse ai cristiani (con la Lettera

sull'usura, 1545), mettendo così termine a ciò che viene talora chiamata la "gratuità della vita",

(20) Régis Debray , in Le Figaro 22/11/2001, supplemento letterario, pag. 6.

(21) Werber Sombart , op. cit.

(22) Louis-Ferdinand Céline , Les beaux draps, Nouvelle Editions Françaises, Parigi 1941.

Hobbes designava lo Stato sovrano moderno, allora nascente, sotto il nome di Leviatano (1651). Per

lui, questo essere collettivo astratto ed onnipotente non era «nient'altro che un uomo artificiale [...] e

munito d'una forza molto più grande» nel quale «la sovranità è come un'anima artificiale». Il teorico

inglese aveva dunque scelto di affibbiargli il nome di un mostro biblico (23), divenuto il titolo della

sua opera (24).

Oggi si sta sviluppando un nuovo e terribile mostro collettivo indifferenziato, proteiforme e molto

più sfuggente del Leviatano di Hobbes. Anzi, non ha neppure più bisogno di un volto sintetico come

quello del Grande Fratello, lo pseudo-dittatore del romanzo di Orwell. Questo mostro collettivo, che

assomiglia tanto ad uno Stato mondiale quanto alla teocrazia rampante di Mammona, ovvero del

Denaro, domina oggi il mondo. E' un'entità intelligente, logica, inflessibile, ma anonima ed avida,

che impone la sua ideologia fondamentale, utilitaria e manichea. Sotto il suo imperio, l'ordine

mondiale, plutocratico e dispotico, rivendica il ruolo di parametro della morale.

Mammona, ricordiamolo, era il dio siro-aramaico del denaro, simbolo dell'avidità per i beni

materiali nei vangeli, assimilato al diavolo: «Nessuno può servire due padroni: o odierà l'uno ed

amerà l'altro, o si attaccherà ad un uno e disprezzerà l'altro. Voi non potete servire Dio e

Mammona» (25).

L'ideologia monetarista, che l'ex dissidente sovietico Aleksandr Zinoviev chiama la "superideologia",

è crepuscolare, fondata sulla cattiva coscienza degli occidentali condotti a disprezzare se

stessi. Al prezzo del collasso demografico europeo, siamo invitati ad abolire la nostra natura,

inaccettabile perché razziale, e dunque il nostro avvenire collettivo, in cambio della felicità

materiale del momento. Il mondialismo messianico ha la sua gerarchia di valori, dei valori borsistici

in primo luogo sapendo che del resto gli "eletti" americani mantengono, da parte loro, il

rinnovamento delle generazioni al tasso necessario di 2,3 nascite per donna (26). Per il professor

Fukuyama, che se ne felicita in modo sintomatico, «l'Organizzazione Mondiale del Commercio è la

sola istituzione internazionale che abbia una chance di diventare un organo di governo a livello

mondiale» (27).

Il mondo cede progressivamente e in modo insidioso, a partire dagli anni cinquanta, a questa

ideologia radicalmente capitalista, individualista e finanziaria, promossa da affittacamere che sanno

far tacere le coscienze e rovinano le civiltà in ciò che esse hanno di sostanzialmente incorruttibile.

Mammona, improvvisandosi messia, impone la sua metafisica elementare, universalista e

riduzionista dei Diritti dell'Uomo, ovviamente interessata, ma con le apparenze di una liberazione.

Mammona, dio monetarista, è divenuto messia - o meglio anti-messia, almeno per i cristiani non

toccati dall'eresia puritana prosperata a Boston come descritto da Max Weber (per questi ultimi, del

resto molto minoritari, Mammona in verità dovrebbe essere considerato come un usurpatore, di cui

il Cristo dei vangeli si è dichiarato nemico, una sorta di Anticristo). D'altronde, in qualità di messia,

Mammona non può regnare sul mondo che incondizionatamente: «Domanda, e io ti darò le nazioni

per eredità, per dominio le estremità della terra: tu le spezzerai con il tuo scettro di ferro, come vaso

di coccio le spezzerai» (28).

Mammona, questo rimpiazzo monetarista di Dio, può anche essere definito, in modo più moderno e

distanziato dal linguaggio evangelico e biblico, la Cappa. In effetti, la super-ideologia, secondo

l'espressione ripresa da Zinoviev, ben agisce in pratica come una cappa di piombo.

Questa formidabile egemonia culturale e soprattutto morale nasconde un mutamento nella

(23) Giobbe , 3, 8; 40, 25.

(24) Cfr. per un'edizione italiana recente, Thomas Hobbes, Il Leviatano, Bompiani, Milano 2001 (con testo inglese a

fronte e latino in nota). [Nota del Traduttore]

(25) Matteo , 6, 24.

(26) Jean-Claude Chesnais, "L'Europe centrale deviendra aussi un terre d'immigration", in Le Figaro 12/08/2002,

pag.21.

(27) Francis Fukuyama , "La gauche ingrate", in Le Monde 08/12/1999, pag. 18.

(28) Salmi , 2.

percezione di Dio. Fuori dagli Stati Uniti, paese dove non non è sempre chiaro sino a che punto

arrivi il banchiere e dove cominci il pastore, questo mutamento si traduce nella maggior parte dei

casi in un piatto agnosticismo, più o meno mascherato. Eppure i nuovi chierici, in senso stretto,

sono reclutati anche tra i ministri del culto luterano o cattolico. Dimenticando le prevenzioni che

l'hanno a suo onore caratterizzata, la chiesa cattolica ha operato un nuovo ecumene, questa volta su

scala planetaria, e con una posta molto più importante di quella di Leone XII rispetto alla repubblica

francese nel 1892. Giovanni Paolo II, il vero papa dell'assunzione ecclesiale dei Diritti dell'Uomo,

ha allineato di punto in bianco il discorso della chiesa cattolica. Sin dalla sua elevazione al Soglio,

dichiarava, a quanto pare parafrasando il Vangelo (29): «Non abbiate paura. Stati, aprite le vostre

frontiere. Uomini, aprite i vostri cuori. Sì, la lotta per la promozione e la salvaguardia dei Diritti

dell'Uomo, che riunisce tutti gli uomini e le donne di buona volontà, è il nostro compito comune»

(30).

Ci si poteva attendere di meglio, dalla chiesa cattolica istituzionale in particolare, e dalle chiese

cristiane in generale. Tuttavia, la demenziale eresia plutocratica estende la sua sovversione

generalizzata sul mondo intero. Dov'è la lungimiranzza, dove sono i grani del martirio contro

Mammona, l'usurpatore, l'anti-messia? Di sicuro non va cercato nelle Giornate Mondiali della

Gioventù, manifestazione conformista di una gioventù pietista, bigotta, disarmata, senza

immaginazione né spirito di rivolta, disadattata e al tempo stesso connivente con la tragedia del

ventunesimo secolo.

In effetti Mammona, o la Cappa, procede da una vera e propria oligarchia plutocratica che stende il

suo potere omologante sul mondo intero, al servizio del monoteismo del mercato. Sotto la copertura

della super-ideologia monetarista, si forma ciò che Augustin Cochin (1876-1916) chiamava «il

popolino», in una particolare accezione. Non si tratta qui della frangia più modesta delle società

umane, ma al contrario di una pur ampia oligarchia di privilegiati, issati ai posti supremi, sorta di

nomenklatura, come si diceva per la vecchia URSS. Il "popolino" è un anti-popolo opposto ai

"grande popolo", composto da parte sua da tutti e ciascuno. Questo "grande popolo" comprende le

popolazioni assoggettate al popolino oligarchico, che «ha preso il posto del popolo [...], da estraneo

ai suoi istinti, ai suoi interessi ed al suo genio. [...] Il popolo fa finta di deliberare per il meglio? Il

fatto è che non è abbastanza libero...» (31).

Attaccati ai loro privilegi, i membri del "popolino" hanno la sensazione di essere gli eletti del

destino, i chierici predestinati del Progresso, gli annunciatori messianici del sole dell'avvenire. Non

si tratta solo, di costoro ce n'è bisogno infatti in quantità, di gente personalmente implicata in

grande stile nel sistema del Denaro, perché il servilismo è spesso spontaneo e la cortigianeria

imitativa e mimetica. Si tratta spesso di politici, tecnocrati, intellettuali, funzionari, giuristi,

potentemente motivati dalla piaggeria arrivista, e neppure sempre corrotti.

Chierici vergognosi riuniti, magistrati moralisti e quasi-demonologi, sono imbevuti del loro nuovo

ruolo, al servizio di una trascendenza d'accatto. Beninteso, sono largamente eredi dello spirito del

sessantotto, che siano di "sinistra", sessantottini culturalmente attivi e pedanti, arbitri della moda e

del nuovo "buoncostume", o nominalmente di "destra", culturalmente passivi e non meno pedanti,

ma ossequiosi a fronte del magistero culturale della sinistra. Questa gente "di destra" sono i «nuovi

moderati» di cui parla Abel Bonnard.

Al di là ancora poi di questo "popolino" oligarchico abbonda l'onnipresenza dei devoti dei Diritti

dell'Uomo, quelli che non credono che a ciò che è loro stato inculcato per osmosi sociale come il

Bene che trionfa della fornicazione spirituale, dell'oscenità e del vizio.

Il dominio del "totalitarismo finanziario"

Al contrario di una Chiesa malata ed omologata, Zinoviev, dopo vent'anni di esilio in Occidente, ha

(29) Il passo cui si pensa abbia voluto riferirsi è: «Non abbiate paura [... di annunciare la Resurrezione]», Matteo, 28,

10.

(30) Citato tra l'altro dal fu presidente dell'ordine degli avvocati di Parigi Louis-Edmond Pettiti a Notre-Dame il 10

dicembre 1978, come riportato dalla Gazette du Palais 14/07/1999, art. cit.

(31) Augustin Cochin , Les sociétés de pensée et la démocratie moderne, Copernic, Parigi 1978, pagg 126 e 132.

formalmente denunciato ed attaccato la Cappa messianica. Per spiegare il suo rimpatrio volontario

in Russia, ha pronunciato queste parole figlie del disinganno: «Oggi viviamo in un mondo dominato

da un'unica forza, da un'unica ideologia, da un partito unico mondialista. [...] Il totalitarismo

finanziario ha sottomesso i poteri politici. Il totalitarismo finanziario è freddo. Non conosce né pietà

né sentimenti. Le dittature politiche fanno pena in confronto alla dittatura della finanza. Una certa

resistenza era possibile in seno alle dittature più dure. Nessuna rivolta è possibile contro la Banca.

[...] I teorici e i politici occidentali più influenti pensano che siamo entrati in un'epoca postideologica,

perché intendono per "ideologia" il comunismo, il fascismo, il nazismo, etc. In realtà,

l'ideologia, la super-ideologia del mondo occidentale, sviluppata nel corso degli ultimi cinquant'anni

è ben più radicata di quanto lo siano stati il comunismo o il nazionalsocialismo» (32).

Il totalitarismo finanziario ha sottomesso i poteri politici, e di conseguenza, beninteso, il potere

giudiziario, o meglio, secondo la denominazione costituzionale francese più corretta (33), l'autorità

giudiziaria (art. 66 della Costituzione).

In nome della "comunità internazionale" mammonica, avatar rinforzato della "coscienza

universale", noi viviamo ormai sotto la minaccia dell'US Air Force che è nei cieli, dell'ONU, della

NATO, del Fondo Monetario Internazionale (organismo centrale dell'usurocrazia mondialista), della

Banca Mondiale, dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e della Commissione di Bruxelles.

Gli organismi moralizzatori condannano la gratuità che secondo Céline procedeva dallo spirito

europeo fin da epoche ancestrali. Bisogna finirla con la gratuità come paradigma, che non va

confusa con la filantropia universale, essenzialmente spettacolare, la cui affettazione volgare e

pubblicitaria ha per lungo tempo ripugnato allo stesso cattolicesimo: «Guardatevi dal praticare la

vostra giustizia di fronte agli uomini per farvi notare da loro. [...] Quando fai l'elemosina, non far

suonare la tromba: così fanno gli ipocriti, nelle sinagoghe e nelle strade, al fine di essere glorificati

dagli uomini; in verità vi dico, la loro ricompensa l'hanno già avuta. Quanto a te, quando fai

l'elemosina, che la tua mano sinistra ignori cosa fa la destra, affinché la tua elemosina sia segreta, e

il Padre tuo, che vede nel segreto, te la renderà» (34).

Cosa del resto già non troppo applicabile al puritanesimo calvinista, per cui «il possesso del denaro

diviene [...] un segno della grazia divina; si ostenta la ricchezza; più si è ricchi, più si è amati da

Dio» (35).

La filantropia spettacolare non è infatti che un mezzo per il disarmo morale delle popolazioni

occidentali, soprattutto europee, tramite un pietismo emolliente, piagnucoloso e incapacitante. E'

una forza inibitrice, obnubilante, sottesa da una sorta di irenismo universale idilliaco e

moralizzatore, che conduce all'abdicazione delle difese naturali, nell'impietosirsi senza misura né

riserve su ciò che è lontano ed estraneo e nell'oblio o nel disprezzo egoista di ciò che ci è vicino.

Siamo così spinti ad impietosirci su coloro che domani saranno con noi spietati, giacché la natura ha

le sue leggi biologiche. L'arroganza vendicativa ed aggressiva di cui danno prova i "cercatori

d'asilo", e più in generale gli immigranti beneficiati dall'assistenzialismo, è significativa a questo

riguardo.

Questa filantropia puritana, perfettamente strumentalizzata da lustri dai calvinisti americani, può

ben apparire come una sorta di prostituzione dei buoni sentimenti. E' in ogni caso totalmente

integrata alle necessità capitaliste, sia come mezzo pubblicitario falsamente disinteressato, che

come processo volto al rilancio della produzione o come mezzo di condizionamento delle

popolazioni. Matteo, l'evangelista che disprezzava Mammona, davvero non doveva avere il senso

degli affari...

Ma al di là del paradigma condannato della gratuità, i principali agenti e i devoti della Cappa

monetarista s'oppongono anche a qualsiasi abbozzo di economia retributiva, fondata su altro che

(32) Aleksandr Zinoviev , in Le Figaro-Magazine 24/07/1999, pagg. 36 e segg.

(33) La stesa considerazione è applicabile in Italia, cfr. artt. 13, 15, 21, 82, 109 Costituzione. [Nota del Traduttore]

(34) Matteo, 6, 1-4.

(35) Robert Dole, Le cauchemar américain. Essai sur le vestiges du puritanisme dans la mentalité américaine

contemporaine, VLB Editeur, Quebec 1996, pag. 28.

non sia il primato del denaro volatile e speculativo. Mammona non saprebbe sopportare le velleità

di libertà sovrana dei popoli o di indipendenza economica delle nazioni. Gli è necessario ovviare ad

ogni rischio di ritorno, foss'anche parziale, a principi economici diversi, che gli farebbero perdere il

controllo del mondo; braccare ogni accenno di ritorno ad un'economica di "sussistenza" nel

particolare senso che dà alla parola Sombart, cioè di autarchia relativa, che sarebbe in evidente

rottura con il monetarismo speculativo mondialista. Solo l'avidità, e il «godimento sfrenato dei beni

di questo mondo», un tempo moralisticamente condannato, deve reggere l'economia unica e

globalizzata, almeno per quello che riguarda i consumatori (non "predestinati"). E' il trionfo

esclusivo ed obbligato del circuito di insoddisfazione permanente, brama di possesso, acquistoindebitamento,

obsolescenza programmata, riaccendersi della brama...

Tutto ciò che non è monetizzabile, di conseguenza tutto ciò che è spirituale o semplicemente

organico, come tale suscettibile di ingenerare la "discriminazione", diviene il Male, l'abominazione,

il "fascismo", la "xenofobia", il "razzismo", il "nazismo". Questi clichés, termini per tutti gli usi,

corrispondono alle designazioni incapacitanti assestate dai nuovi bigotti del "monoteismo del

mercato" sotto la copertura del moralismo puritano e della cattiva coscienza secolarizzati.

Mammona è del resto nemico non solo degli "estremismi" denunciati in tal modo, ma anche di una

più modesta saggezza epicurea, come la descrive Lucrezio, secondo cui «se ci si governasse

secondo la vera dottrina, la più grande ricchezza per l'uomo sarebbe di vivere con il cuore contento

di poco; perché di questo poco non vi è mai penuria. Ma gli uomini hanno voluto rendersi illustri ed

abbienti per stabilire la loro fortuna. [...] Lasciateli dunque sudare sangue e spossarsi nelle loro vane

lotte sullo stretto cammino dell'ambizione, giacché non hanno gusto se non tramite la bocca d'altri, e

regolano le proprie preferenze sulle opinioni ricevute piuttosto che sulle loro proprie sensazioni» 36.

L' "antifascismo", portato avanti inizialmente da marxisti la cui bottega è stata ridipinta di fresco

con i colori virtuali della Borsa, si è mutato in arma del "totalitarismo finanziario" (Zinoviev),

attraverso un processo su cui torneremo. Là ove non sta il Denaro, comincia dunque la presa

evidentemente orrifica di ciò che la Cappa disegna come l'avversario irriducibile, immorale e

malefico. Chi ricusa il Denaro è quindi di fatto demoniaco, "fascista", per questa teologia

intollerante al punto di aver sequestrato il termine stesso di tolleranza per l'uso esclusivo dei suoi

zeloti. Mediante un travolgimento semantico caratteristico della neolingua orwelliana oggi

dominante, questa confisca avviene evidentemente per meglio lottare appunto contro ciò che è

"intollerabile"!

La dove sta Mammona sta anche l'"etica" delle Nazioni Unite e dei Diritti dell'Uomo, la morale

filantropica monetarista (slogan ascoltati a caso per radio nel 2001: «L'etica, rende!» e «Siamo

solidali facendo degli affari»). Lo stadio ultimo dell'eresia mammonica sotto l'egida degli Stati Uniti

è stato ben descritto da Guillaume Faye: «Bible and business. Il moralismo evangelico giustifica il

mondo degli affari e viceversa» (37).

Terrore, potenza militare e Diritti dell'Uomo

I plutocrati, i loro commessi e cortigiani, che dominano il mondo ed impongono la rivelazione

mammonica e contabile, non esitano a distruggere e ad uccidere per i bisogni della loro causa. Non

procedono d'altronde che in modo pulito ed a distanza, per quanto su larga scala. Uccidono per

quanto possibile da lontano, e non uccidono che per ragioni buonissime dal punto di vista morale e

finanziario, ragioni inseparabili per il nuovo ordine mondiale le une dalle altre. Uccidono con

l'embargo e il bombardamento aereo, con tutti i modi messi a punto dai nuovi moralisti per punire i

popoli per gli atti dei loro dirigenti. Uccidono senza uno sguardo alle loro vittime, sguardo che

potrebbe essere demoralizzante per la loro soldataglia. Le uccisioni sono tanto clean quanto

massiccie: è la guerra senza sangue e fango dalla loro parte, la guerra che non colpevolizza. Dopo

averla inflitta tante volte agli altri, amici (?) e nemici, gli americani hanno alla fine, su piccola scala,

pur conosciuto questo orrore, stupefatti, a New York, a seguito degli strani attentati compiuti contro

(36) Lucrezio , De rerum natura, libro V.

(37) Guillaume Faye , Il Sistema per uccidere i popoli, Edizioni dell'Uomo libero, Milano 1982, seconda edizione

Società Editrice Barbarossa, Milano 1990.

le Twin Towers, l'11 settembre 2001...

Questa è l'essenza della pax americana. Essa vuole imporre all'Iraq, dove il petrolio non è

anglosassone, esigenze che invece non hanno apparentemente corso con riguardo all'Arabia Saudita.

Ma, benché mischiato al sangue dei suppliziati della Shariah, tanto rigorosamente applicata quanto

nell'Afghanistan dei Talebani, il petrolio saudita ha l'etichetta americana e quindi quella, un po'

incongrua, dei Diritti dell'Uomo. Questa stessa "pace mondialista" del resto ha distrutto come un

rullo compressore nell'ex Jugoslavia tutto ciò che si opponeva all'avvento delle trasformazioni

geopolitiche auspicate dall'Islam in connivenza petrolifera con gli interessi americani e texani.

I responsabili della morte militar-industriale, utilitaria, a distanza e clean, sono convinti di fare

effettivamente parte della schiera degli "eletti" e dei "predestinati", chiamata a reggere il mondo.

Ha ragione il transfuga americano Roberto Dôle, quando scrive dal suo esilio in Canada: «Se una

nazione non è pronta a seguire l'esempio americano, essa merita che i suoi cittadini cadano sotto i

bombardamenti. Il bombardamento delle grandi città è cominciato durante la seconda guerra

mondiale. [...] Uno ha il diritto di chiedere ad un pilota di uccidere degli innocenti dal suo aereo se

non è capace lui stesso di uccidere la vittima faccia a faccia? Il massacro anonimo dei civili è

diventato una specialità degli Stati Uniti. A mia conoscenza, è il solo paese che vi si dedichi in

modo abbastanza costante da cinquant'anni. [...] Gli americani approvano il massacro dei non-eletti,

a condizione che avvenga in modo pulito, che gli strumenti dell'uccisione siano anonimi, che la

morte cada da aerei che spariscono senza che i piloti debbano vedere le loro vittime. [...] La crudeltà

del governo americano si esprime anche negli embargo internazionali. Che importa la sofferenza

umana causata dagli embargo internazionali, dato che le vittime non appartengono al popolo eletto?

Esse non sono né americane, né ricche» (38).

Ma è per la buona causa, e le famiglie dei bambini spappolati, carbonizzati o affamati non hanno

che da farsene filosoficamente una ragione. Tutto ciò è ammesso dal 1944, al punto che i circa

settantamila francesi uccisi dai bombardamenti alleati non sono considerati che vittime

"collaterali", ufficialmente dimenticate. Storicamente importuni malgrado loro, non hanno diritto né

al fervore della "memoria", né alle cerimonie del ricordo, né a mausolei, cenotafi o monumenti. I

minuti di silenzio, in Francia come in Germania, sono esclusivamente per gli impiegati della Borsa

di Wall Street coinvolti nell'episodio dell'11 settembre. Quanto ai tedeschi, persino a titolo di civili

deliberatamente presi a bersaglio, gli stessi sono interdetti, invero in nome dell'umanismo

democratico, da una memoria propria. I loro compatrioti sono stati collettivamente resi vittima di

un'amnesia: i loro martiri e i loro eroi non hanno diritto all'esistenza. Si fa passare per profitti e

perdite esorcistici il loro milione e rotti di vittime civili ad opera dei bombardamenti terroristici di

sterminio alleati.

D'altronde, i media e il sistema scolastico del nuovo ordine mondialista sono là per questo: la civiltà

dei Diritti dell'Uomo ha le sue necessità strategiche, proclamate e rischiarate dalle torce viventi

chiamate Dresda, Hiroshima e Nagasaki. Bisogna sapere che persino Stalin, che voleva vincere la

guerra e conquistare le città ma non considerava una priorità distruggerne le popolazioni, aveva

rifiutato la strategia di annientamento urbano propugnata dagli Alleati nella seconda guerra

mondiale. E' così che fece arrestare, dopo che ne erano stati fabbricati solo qualche decina di

esemplari, la produzione della sua fortezza volante, il bombardiere pesante Tupolev B-7, modello

affidabile ed ultramoderno del 1940 (39).

Ma attenzione! Tutti questi olocausti ed apocalissi forse non sono riservati solo agli "altri". Tutti i

non-americani sono in qualche loro parte degli Indiani, dei Pellerossa o degli Amaleciti agli occhi

dei "predestinati" (o degli "eletti"). La morte al tocco di un pulsante si aggira nell'avvenire di

ognuno di noi. Là sta il pericolo, e non nei resoconti del grande Processo di Norimberga, nuovo

capitolo della Bibbia. Giacché questo impero della Cappa monetarista che sta assumendo il

controllo del mondo, non escluso tramite l'usura, particolarmente dopo l'11 settembre è pronto a

tutto. E per Roger Garaudy «la grande debolezza di questo impero è che non ha affatto un'anima,

cioè un progetto collettivo per l'avvenire dell'uomo, se non lo sviluppo della produzione e del

(38) Roberto Dôle, Le cauchemar américain, op. cit., pag. 62-71.

(39) Vedi Le Fana de l'aviation, agosto 1997, pag. 14.

consumo attraverso la superiorità delle armi» (40).

Tuttavia, questa morte monetarista che è inflitta da Mammona, è puritana e sacra, senza disagio e

con la migliore buona coscienza ottusa per i suoi sicari moralisti: «"E ora va, colpisci Amaleq,

votalo all'anatema con tutto ciò che possiede, sii senza pietà per lui, uccidi uomini e donne, bambini

e poppanti, buoi e pecore, cammelli e asini". [Saul] prese vivo Agag re degli Amaleciti, e passò

tutto il popolo a fil di spada in esecuzione dell'anatema» (41).

Questa è la legge teocratica e moralista del Bene contro il Male, dei Buoni contro i Cattivi, ricordata

durante le letture domenicali nelle chiese e sinagoghe americane. Da qui l'espressione sbalorditiva

adottata dal presidente americano George W. Bush quando il 30 gennaio 2001 ha designato le sue

terrificanti forze militari come le «armate americane della compassione» (42). E' lo stesso presidente,

americano illuminato tipico, che «legge la Bibbia tutti i giorni»; e dichiarava, dopo gli attentati che

hanno distrutto il World Trade Center l'11 settembre 2001, che era ormai questione della

«monumentale battaglia del bene contro il male» (43).

Commento di Jean-Claude Barreau, pure ex prete e molto spiritualista: «Quando il presidente Bush

parla della lotta del Bene contro il Male cade in una semplificazione incredibile. Siamo qui –

intellettualmente – nel fanatismo religioso» (44).

Il presidente Bush junior, sempre pronto al massacro dei nuovi Amaleciti, non si rende conto che gli

attentati dell'11 settembre non hanno ucciso che qualche migliaio di civili americani, la metà circa

dei soli francesi uccisi nel bombardamento di Le Havre nel 1944 a titolo "collaterale".

Storicamente, questo dramma non è che un avvenimento davvero minore, avuto riguardo al terrore

omicida che l'US Air Force dispensa sul mondo da una sessantina d'anni. La fiaccola della Statua

della Libertà brucia probabilmente con la fiamma del napalm.

Il Terrore messianico, in questo caso su scala planetaria, esattamente come il Terrore che abbiamo

conosciuto in Francia dal 1792 al 1794, si profila di nuovo dietro i Diritti dell'Uomo, e oggi dietro

l'offesa fatta alla Borsa... Questo terrore ben presente non ci minaccia con ineffabili "camere a gas"

hitleriane, dall'esistenza dogmatica e legalmente sanzionata, ma con un super-armamento, in

particolare nucleare, termonucleare e batteriologico, la cui esistenza è nota ed incontestata. Superarmamento

ricattatorio, a valenza popolicida e moralizzatrice, che gli Stati Uniti continuano con i

capitali assorbiti da tutto il mondo a sviluppare indefessamente, malgrado la scomparsa dell'alibi

sovietico, e unicamente per il trionfo del loro imperialismo materialista.

Siamo ormai agli antipodi dell'originaria spiritualità cristiana, benché essa sia una delle origini del

Sistema, in particolare tramite l'interposizione del calvinismo puritano e imbastardito. Così come

siamo agli antipodi della saggezza epicurea antica, ripresa nel sedicesimo e diciassettesimo secolo

dai "libertini", pirroniani affrancati dalla cattiva coscienza che Pascal condannava. Libertini che il

diciassettesimo secolo francese chiamava "Galli", Gaulois, come vengono chiamati oggi i francesi

etnici nelle periferie meticciate... Contro il puritanesimo, contro la cattiva coscienza secolarizzata e

l'Anticristo allegorico, persino i cristiani possono aderire a questo antidoto metodologico che è la

libertà di spirito. Così come fece l'abate Gassendi, sapiente virtuoso, ma libertino spiritualmente,

che si dice insegnò al futuro autore del Don Giovanni e del Tartuffe... Più generalmente, la cosa è

del resto applicabile a numerosi libertini francesi del Grande Secolo, in contrasto con i "libertini

fiammeggianti", che da parte loro erano innegabilmente atei. Il libertinaggio di spirito in fin dei

conti è l'antidoto del puritanesimo.

Sottomissione del diritto nazionale ai Diritti dell'uomo

(40) Roger Garaudy , Les Etats-Unis, avant-garde de la décadence, op. cit. pag. 7.

(41) Samuele , I, 15, 3 e 8.

(42) Citato in Faits et Documents, n. 108 del 15/04/2001.

(43) Citato in Paris-Match 18/10/2001, pag. 58.

(44) Jean-Claude Barreau, "La réligion, ce n'est pas le fanatisme", in Le Journal de Dimanche 23/09/2001, pag. 11.

Per la Francia la possibilità di sfuggire alla super-ideologia era tanto minore in quanto lo spirito

"repubblicano" è sempre stato storicamente soggiogato da tutto ciò che è reputato anglosassone,

probabilmente per influenza massonica. In aggiunta, l'ideologia "progressista" tradizionalmente

coltivata dalla sinistra francese si adatta a quanto pare benissimo a questa super-ideologia di avidità

materialista e di cattiva coscienza secolare nell'egualitarismo universalista.

Così la Francia ha ratificato la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo, elaborata

sotto l'egida del Consiglio d'Europa (da non confondere con il Consiglio dell'Unione Europea),

ratifica operata in due tempi, nel 1974 e nel 1981. Un'adesione che marca una sottomissione morale

e formale alla super-ideologia crepuscolare ed un vassallaggio imititativo alla Cappa: tale ratifica ha

infatti due conseguenze considerevoli nell'ordine giuridico interno:

• innanzitutto, la nuova e tangibile supremazia della Convenzione, così come ormai di tutte le

convenzioni internazionali, sulla legge interna, secondo la dottrina detta della "gerarchia

delle norme" o della "prevalenza";

• in secondo luogo, la sottomissione della giurisdizione nazionale a quella della Corte europea

dei diritti dell'uomo, istituita dalla convenzione citata, dopo che il 2 ottobre 1981, sotto il

regno di François Mitterand [alias], la Repubblica ha riconosciuto il diritto ai ricorsi

individuali avanti questa giuridizione soprannazionale, vera macchina politica mondialista,

sovversiva della sovranità dello Stato, che siede a Strasburgo.

Il procedimento così entrato nel nostro diritto positivo a seguito di una dottrina avvallata dalle

autorità politiche si oppone direttamente alla tradizione giuridica francese, specie post-assolutista.

Tale risultato è stato in effetti conseguito al prezzo di un concreto abbandono, essenzialmente

contrario ai principi del diritto razionale, formale e scritto, delle disposizione di cui all'art. 127 del

vecchio codice penale francese che vietava al giudice di omettere l'applicazione di una legge

nazionale. Tale articolo, teoricamente in vigore sino al febbraio 1994, recitava: «Saranno colpevoli

di omissione di atti d'ufficio, e punibili mediante degradazione civica, [...] i giudici, i procuratori

della repubblica e i loro sostituti, o gli ufficiali di polizia che si saranno immischiati nell'esercizio

del potere legislativo... interrompendo o sospendendo l'applicazione di una o più leggi [...] oppure

deliberando sul fatto se le stesse debbano avere esecuzione».

Evidentemente la disposizione è scomparsa dal nuovo codice penale. Ma, ad illustrazione della

decadenza del diritto e della parzialità dei giudici, questa regola era già contro ogni ragione caduta

in desuetudine, esattamente al fine di permettere l'applicazione diretta della convenzioni

internazionali moralizzatrici. Il trionfo dell'impunità burocratica e giudiziaria coinvolge così tutto il

sistema giuridico francese, dominato oggi dalle istituzioni internazionali, e soprattutto dalle

istituzioni europee.

La Corte europea dei diritti dell'uomo, composta da magistrati politicamente selezionati dai paesi

aderenti, in tutta evidenza sulla base del loro conformismo politically correct, funziona secondo una

procedura abbastanza sorprendente. In effetti, nel suo ambito è possibile infrangere tranquillamente

principi che la Corte pretende di imporre alle giurisdizioni nazionali assoggettate, senza che ciò paia

impressionare particolarmente i magistrati che la compongono... Si sa che è facoltà a qualsiasi

ricorrente di un paese che sia parte della Convenzione di adire la giurisdizione internazionale della

Corte, dopo esaurimento dei rimedi interni; ma questo non gli garantisce affatto di poter

beneficiare del contraddittorio in questo stadio procedurale ultimo. Questa bizzarria deriva dalla

costituzione stessa della Corte, che possedeva ancora recentemente un organo di filtraggio, la

Commissione europea dei diritti dell'uomo, che giudicava da sola la maggiorparte dei ricorsi, in

modo né contraddittorio né pubblico!

Malgrado l'abolizione recente di questa commissione, il filtraggio preventivo continua praticamente

a sussistere allo stato attuale della procedura, essendo esperito dai cosiddetti "comitati" della Corte

stessa. La predicazione di quei veri metri di paragone della giustizia multinazionale che

componevano la Commissione, e compongono oggi i comitati, non tollererebbe certo un tipo di

giurisdizione occulta di questo genere da parte delle autorità giudiziarie nazionali assoggettate. Si

tratta in effetti di un'ipotesi di grossolana violazione dell'art. 6 della Convenzione di cui questi

signori sono i perfidi guardiani... Un miglioramento della situazione è poco verosimile tenuto conto

della latitudine lasciata dal testo della convenzione stessa e della giurisprudenza sin qui della Corte.

O meglio: così stanno le cose, salvo comunque il caso di un' imperiosa necessità ideologica che

richieda l'utilizzo di un "jolly" giuridico, come vedremo tra poco. Perché i Diritti dell'Uomo sono

prima di ogni altra cosa l'arma della super-ideologia primitivamente alla base della Convenzione

stessa, che si proclama abusivamente fonte universale del diritto, sotto la copertura della metafisica

giudeopuritana già discussa.

Il diritto, rivisto alla luce dei Diritti dell'Uomo, non è lo stesso per tutti, è "a geometria variabile".

Illustreremo il funzionamento reale della Corte europea dei diritti dell'uomo con l'aiuto di un caso

concreto.

La Corte europea dei diritti dell'uomo alla prova

In questa logica di universalismo totalitario, la Commissione europea dei diritti dell'uomo ha

chiaramente opinato per un'interpretazione sistematicamente partigiana della Convenzione che essa

ha per compito di far rispettare nei paesi assoggettati. Un significativo caso di specie lo mostra in

modo particolarmente eloquente, e precisamente quello di Pierre Marais, chimico in pensione

colpevole di conclusioni scientifiche inopportune.

Nel numero del settembre 1992 di Révision, rivista francese di diffusione modesta per non dire

quasi confidenziale, pubblicata a Issy Les Molineaux e diretta dal revisionista Alain Guionnet,

Pierre Marais aveva in effetti pubblicato uno studio scientifico preciso. Il suo oggetto figurava in

riassunto nel titolo, "La chambre à gaz de Struthof-Natzweiler, un cas particulier". Tale studio

minuzioso, unicamente di natura chimica, concludeva, a torto o a ragione, per l'impossibilità tecnica

delle esecuzioni di prigionieri mediante mediante gassamento nel campo di concentramento tedesco

di Struhof in Alsazia, attivo nel 1943. Lo studio stesso rivelava in ogni caso interessi pericolosi e

non occasionali dell'autore, che non saranno in seguito smentiti, perché lo stesso pubblicherà

ulteriormente un'opera non meno minuziosa, in particolare sulla questione dei cosiddetti "camion a

gas" [alias] (45).

Ora, il pubblico ministero parigino, tramite la penna e la voce inquisitoriali del sostituto procuratore

François Cordier, zelante specialista del genere, ha prestamente esercitato l'azione penale,

invocando la famosa legge Fabius-Gayssot del 13/07/1990 (46). E' così che per delle pagine austere

piene di oscure formule chimiche, di cui i giudici non capivano manifestamente nulla, così come del

resto l'avvocato della difesa, Pierre Marais è stato condannato penalmente condannato.

Per pronunciare la condanna del chimico, i giudici non hanno neppure fatto ricorso ad un perito, che

avrebbe potuto giungere, in ipotesi, a conclusioni altrettanto blasfeme, rispetto all'unica legge

francese di natura intrinsecamente dogmatica. Bisogna qui ancora notare che questo disprezzo per la

possibile verifica materiale del fatto causale era già, per una ragione oggi evidente, una particolarità

dei processi per stregoneria. Come ha scritto Arthur Miller [alias] sull'episodio di Salem, «la

stregoneria è, per sua natura, precisamente un crimine invisibile» (47).

Questa è stata anche una delle particolarità dei grandi processi celebrati dagli Alleati a Norimberga.

La cosa è tranquillamente ammessa dai nostri storici di corte, che, con riguardo all'argomento delle

camere a gas hitleriane, esigono l'abdicazione dell'intelligenza a fronte del mero argomento ex

auctoritate. Penso in tal senso specialmente ai trentaquattro intellettuali che, con Pierre-Vidal

Naquet, si sono abbandonati a questa stravagante formula oscurantista, mediante presupposizione

semi-demonologica e fideistica del genocidio allegato: «Non bisogna domandarsi come,

tecnicamente, lo sterminio di massa è stato possibile. E' stato possibile tecnicamente perché ha

avuto luogo. Questo è il punto di partenza obbligato di ogni ricerca storica in argomento» (48).

Avendo mancato di ascoltare l'università e l'accademismo del tempo, per cui «non bisogna

domandarsi come tecnicamente...», Pierre Marais, onesto chimico in pensione, è stato ridotto allo

(45) Pierre Marais, Les camions à gaz en question, Editions Polémiques, Parigi 1994.

(46) L'equivalente francese della legge Mancino-Modigliani. Per ciò che riguarda il caso della Francia, vedi più in

particolare Eric Delcroix, La police de penséee contre le révisionnistes, Diffusion RHR, Colombes 1994, e l'articolo

già citato "Le leggi repressive in Francia".

(47) Arthur Miller , Il crogiuolo, Einaudi, Torino 1997.

(48) In Le Monde 21/02/1979. Vedi anche il testo integrale del manifesto.

stato di delinquente e di eretico dal nuovo fanatismo. E' stato condannato sotto la presa di una

nuova superstizione che condiziona i giudici semi-demonologi, teologi della semi-religione dei

Diritti dell'Uomo.

La sua condanna fu pronunciata il 10 giugno 1993 dalla XVII sezione del Tribunale di Grande

Istanza di Parigi, sotto la presidenza della signora Ract-Madoux. Fu confermata il 2 dicembre

successivo dalla XI sezione della Corte d'Appello di Parigi, sotto la presidenza del signor Texier. Il

ricorso in cassazione fu rigettato con decreto del 7 novembre 1995 dalla Sezione Penale della Corte

di Cassazione, sotto la presidenza del signor Milleville. Pierre Marais fu allora il primo revisionista

della storia a rivolgersi alla famosa Corte europea dei diritti dell'uomo. La sua successiva sconfitta

ha se non altro il merito di dimostrare la parzialità costitutiva di questa giurisdizione

sovrannazionale.

Il 24 giugno 1996, la Commissione europea dei diritti dell'uomo, sotto la presidenza di un certo

Trechsel, affiancato da ventinove giudici internazionali, non uno di meno, usciti dai diversi paesi

aderenti al Consiglio d'Europa, concludeva le sue deliberazioni segrete senza contraddittorio

dichiarando il ricorso «irricevibile» (49).

E tuttavia Pierre Marais era stato condannato per «contestazione di crimini contro l'umanità», cioè

per aver quindi trasgredito il solo dogma testuale diretto ed intrinseco che conosca il diritto francese

(l'unico altro dogma, testuale indiretto, è quello dell'inesistenza delle razze umane, conseguenza

estrinseca della legge Pléven del 1972), pubblicando una dimostrazione d'ordine scientifico. Certo,

il dogma testuale, ultimo rifugio di una mentalità prelogica, non poteva sorprendere i giudici

europei, giacché non ha cessato di espandersi nelle legislazioni di altri paesi continentali, e in

particolare in quella italiana, tedesca, austriaca, belga, spagnola, lussemburghese e svizzera.

Diffusione operatasi con una rapidità ed un'estensione fantastiche, rivelatrici di un disegno

premeditato, l'imitazione e il mimetismo non potendo da soli spiegare tutto.

Ma Pierre Marais, come tutti gli storici revisionisti, non mancava di argomenti giuridici

apparentemente pertinenti. Non riporteremo qui che gli argomenti tratti dalla Convenzione europea

sui diritti dell'uomo, cui la Corte di Strasburgo fa la guardia come una faina. Secondo la percezione

stessa della Corte, il ricorrente lamentava, con riguardo alla giustizia francese, le tre circostanze

seguenti:

1. di essersi visto opporre il contenuto di un giudizio pronunciato a Norimberga nel 1946, da

parte del Tribunale militare internazionale, concernente un processo di cui ovviamente non

era stato parte - e ciò benche in tale processo non si sia mai neppure parlato dell'ipotetica

camera a gas di Struthof! -; in altri termini, di essersi visto opporre, nel senso letterale del

termine, un pregiudizio, contrariamente al principio dell'equità giudiziaria di cui all'art. 6,

primo comma della Convenzione;

2. di non aver avuto ufficialmente accesso a questo giudizio sacralizzato, cui la legge Fabius-

Gayssot rinvia implicitamente per induzione così come ad un'infinità di altre decisioni di

pari valore legale e suscettibili di contraddirsi, in mancanza di pubblicazione di tutto ciò,

data la natura di legge loro attribuita, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica francese, in

contrasto con l'art. 6, primo e terzo comma della Convenzione (in effetti, gli stessi giudizi e

provvedimenti resi in Francia sul caso specifico di Struthof resteranno inaccessibili ai

ricercatori sino al 2053 ai sensi della legge 79-18 del 31 gennario 1979);

3. di aver visto beffata la sua libertà d'espressione, in modo tanto più inaccettabile che nessuna

restrizione di preteso interesse sociale può mai ostacolare l'espressione scientifica, la libertà

della scienza rappresentando, si pensava, un valore intangibile in sé.

Questo terzo argomento richiede qualche precisazione, tanto il pubblico non informato ignora sino a

che punto la libertà di espressione è divenuta sempre più un'espressione vuota di significato

concreto. Questa libertà, papagallescamente proclamata dal 1945, non cessa di restringersi come

una pelle d'asino, e il suo nome già oggi non corrisponde che ad un artificio della neolingua

imperante. Siamo infatti al punto che tale libertà è arrivata a non esistere più che a condizione di

professare la religione moralista e massonica degli inevitabili e manichei Diritti dell'Uomo. Al di

fuori di questa ideologia totalitaria non vi sono che pseudo-idee, riducibili a sentimenti malvagi

come l'"odio", eterno appannaggio della peccaminosità altrui. Diavolerie, si sarebbe detto in altri

(49) Procedura n. 31159/1996.

tempi.

Libertà di ricerca occultabile e chimica immorale

La garanzia testuale della libertà d'opinione e d'espressione che offre la Convenzione europea dei

diritti dell'uomo è, nella sua apparenza formale, letteralmente la seguente:

«Art. 10 - 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà

d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere

ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. [...]

2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle

formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure

necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per l'integrità territoriale o per la

pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della

salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la

divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere

giudiziario».

Per rifiutare a Pierre Marais la sua «libertà di opinione» e di «espressione», la Commissione ha

evidentemente invocato il secondo comma di questo articolo 10, che pone delle riserve al principio

enunciato al primo comma. Ma è stato pur necessario che la Commissione esplicitasse le ragioni

della sua opinione, scrupolo del resto che non cruccia più affatto la Corte di Cassazione francese.

La suddetta Commissione ha fatto così ricorso ad un argomento di un oscurantismo radicale che

mostra che in fatto di Diritti dell'Uomo il fanatismo è rimasto ("ne varietur") tale e quale quello che

era già nei confronti di Galileo [alias] (vedi l'ammonizione del Sant'Uffizio del 1632): «La

Commissione ricorda che, contrariamente a l'affermazione del ricorrente secondo cui l'art. 10

secondo comma della Convenzione non riguarderebbe la "ricerca scientifica", anche supponendo

che si tratti nel caso di specie di una pubblicazione "scientifica", il secondo comma dell'art. 10 non

distingue a seconda della natura dell'espressione in causa».

Si può dunque censurare tutto, ivi comprese le dimostrazioni di natura innegabilmente scientifica,

quando ne va della "morale". In fin dei conti, si possono perfettamente condannare le formule

estratte dall'articolo incriminato, in ragione delle loro inopportune conseguenze logiche per

induzione, come per esempio la seguente: «1,8 massa molare x (CN) 2CA / 2 x massa molare HCN

= (1,8 x 92 / 54) # 3 g».

Satanismo "neonazista"? Il signor Marais, placido cittadino irreprensibile, così come gli altri

chimici in libertà, devono rassegnarsi e dirsi che la loro sorte resta sempre meno peggio di quella

quella capitata a Lavoisier? Torna in mente la celebre formula del giudice Coffinhal, di sinistra

memoria, vice-presidente del tribunale rivoluzionario, all'atto della condanna di Lavoisier alla

ghigliottina: «la Repubblica non ha bisogno di chimici»...

In ogni modo, per tornare all'affaire Marais, nulla formalmente impediva alla Commissione di

produrre una giurisprudenza onesta, libera e di buon senso.

Ma il fanatismo demonologico dei giudici ha avuto la meglio, nell'eccesso e nella passionalità così

nocivi all'applicazione del semplice buon senso. Intendo il fanatismo nel senso volterriano del

termine, poiché siamo in presenza, ripetiamolo, di una vera e propria religione secolare, fanatismo,

cioè «l'effetto di una falsa coscienza, che asservisce la religione ai capricci dell'immaginazione e

agli eccessi della passione» 50.

Di fatto, il sentimento di servire una morale trascendentale, per poco che lo spirito che essa abita si

lasci andare, favorisce facilmente il fanatismo.

Il puritano non può sfuggirvi, quand'anche fosse un europeo convertito alla super-ideologia

mammonica, trecento anni dopo gli ultimi processi per stregoneria in Francia. E contrariamente ai

fanatismi del passato questo non induce alcuna forza particolare in chi ne è soggetto di fronte alla

morte...

Questo moralistico fanatismo contemporaneo fonda gli attacchi di furore estatico degli agenti del

sistema che conduce per mano, dopo averli formati secondo gli standard intellettuali ed etici che

impongono oggi gli studi accademici e la formazione professionale del giurista. Anzi, tale

(50) Voltaire [alias], Dizionario filosofico [versione originale Web], voce "Fanatismo".

fanatismo, istillato nella società dalla scuola e dai media, finisce per condizionare l'insieme della

popolazione. I dissidenti non sono più percepiti come individui che, del tutto semplicemente,

percepiscono diversamente le cose e la pensano altrimenti: sono divenuti degli immorali votati alla

dannazione. In rottura con la civiltà europea del passato, questa orrenda passione annichila il senso

comune e il rigore intellettuale, che permettevano il rispetto dell'avversario, o anche del nemico,

senza bisogno di Diritti dell'Uomo...

Dalla libertà di espressione in particolare alla proscrizione giudiziaria in generale

Infine, tanto contro la la libertà di espressione del ricorrente che contro i tre argomenti enunciati

precedentemente, la Commissione ha trovato una scappatoia che non conosceva né conosce ancora

la Corte di cassazione francese. Essa non ha potuto trovare questo palliativo che facendo ricorso a

una procedura disonesta, ma che tradisce la sua vera natura parziale e fanatica.

I giudici europei di Strasburgo hanno astutamente tirato fuori il loro jolly, sotto le sembianza

dell'art. 17 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, articolo d'altronde

ispirato dall'art. 30 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea

Generale dell'ONU del 1948, il cui principio è stato anche ripreso dall'articolo 54 della

neocomunista Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Ecco il tautologico dettato

dell'art. 17: «Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come

implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un'attività o compiere un

atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o

porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta

Convenzione».

Benché piuttosto circolare, l'enunciato è assolutamente malizioso, e fornisce ai giudici da tutti i

punti di vista un jolly per qualsiasi parzialità, un'arma moralizzatrice finale, per imporre la virtù

terroristica contro la regola di diritto. La giustizia dell'URSS conosceva ugualmente questo tipo di

ragione ideologica, con il famoso art. 70 del codice penale sovietico, che prevedeva che fosse punita

« ...l'agitazione o la propaganda condotta in vista di abolire o di indebolire il regime sovietico o di

compiere più pericolosi crimini contro lo stato come la diffusione ai medesimi fini di pensieri

calunniosi che denigrino il regime sovietico pubblico e statale, come pure la distribuzione,

pubblicazione o detenzione negli stessi fini di letteratura avente un tale contenuto» (51), permettendo

che fosse punito qualsiasi atto commesso in ipotesi al fine di «abolire o indebolire il regime».

Si tratta di una disposizione protettiva per il complesso moralizzatore dello "stopreato" orwelliano

piuttosto che per gli uomini liberi, ma qui non è che sia "uomo" chiunque. La dichiarazione del

1789 [versione originale] ignorava questo genere di riserve perfide che dovevano purtuttavia molto

rapidamente rinascere dalle ceneri della teocrazia per quel breve momento tragico che fu il Terrore.

In effetti, l'art. 17 non è che una versione alambiccata della famosa formula di Saint-Just: «Pas de

liberté pour les ennemis de la liberté, nessuna libertà per i nemici della libertà!».

Su tali basi, il diritto cessa di vertere sui mala quia prohibita per occuparsi del mala in se, smetta di

considerare concretamente i comportamenti del suddito per investigarne le idee. Con la sua celebre

invocazione Saint-Just non incarnava affatto un qualche principio rivoluzionario, ma alla faccia del

suo preteso radicalismo giacobino si riattaccava invece al tomismo giudiziario già criticato alla fine

dell'Ancien Régime. Sguazzava anzi, foss'anche senza rendersene conto, nella palude dei processi

per stregoneria, prefigurando quel recupero cui si sarebbe più tardi a sua volta dedicata ampiamente

la rivoluzione bolscevica. Ritornava a quella pericolosa dialettica giudiziaria del Bene e del Male

che la Summa fondava sul Vangelo e che Arthur Miller descriverà in questi termini, messi in bocca

a Padre Danforth nel suo dramma già citato sui processi di Salem: «Non ci troviamo più nell'epoca

torbida in cui il bene veniva mescolato al male per abusare del mondo».

Jean-Gabriel Cohn-Bendit, fratello serio e posato del troppo celebre ed inaffondabile istrione del

Maggio '68, aveva fatto strame della formula di Saint-Just, prendendo precisamente la difesa degli

storici revisionisti in generale e di Robert Faurisson [alias] in particolare. A suo avviso, questa

formula rappresentava «la fureria di tutti i sistemi totalitari, e non, come si è potuto credere, e non il

(51) Traduzione di A. Rachmanov.

contrafforte più efficace contro di essi» (52).

Perfetto "furiere" del Nuovo Ordine moralista e mondialista, la Commissione ha rispedito al

mittente le tesi di Pierre Marais e la sua chimica, tanto corrosiva quanto empia. Al motivo succitato

con cui ha rifiutato qualsiasi tipo di immunità alla ricerca scientifica, essa ha dunque aggiunto il

seguente: «La Commissione ha parimenti preso in considerazione l'art. 17 della Convenzione. [...]

L'art. 17 impedisce infatti ad una persona di dedurre dalla Convenzione un diritto a darsi ad attività

miranti alla distruzione dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione. [...] La

Commissione rimarca le constatazioni approfondite delle giurisdizioni interne quanto al contenuto

della pubblicazione con la quale il ricorrente mirava in realtà [!], sotto la copertura di una

dimostrazione tecnica, a rimettere in discussione l'esistenza e l'uso delle camere a gas per uno

sterminio umano di massa. La Commissione ritiene che gli scritti del ricorrente vadano in direzione

contraria ai valori fondamentali della Convenzione, quali sono espressi dal suo Preambolo, ovvero

la giustizia e la pace. Considera perciò che il ricorrente tenta di sviare l'art. 10 dalla sua vocazione

utilizzando il suo diritto alla libertà di espressione per fini contrari allo spirito e al testo della

Convenzione...».

La parzialità essendo evidentemente d'obbligo, in nessun momento la difesa del signor Marais è

stata posta in grado di spiegarsi in contraddittorio sull'eventuale applicabilità dell'art. 17, e quindi

sulla filosofia che eventualmente potesse essere indotta dalla dimostrazione chimica. I giudici

hanno tirato fuori dalla manica la loro carta bisunta da bari moralisti, da semi-teologi furbastri, per i

bisogni del "dovere alla virtù". Il loro jolly demonizzante ha permesso di negare a un soggetto un

diritto contemporaneamente proclamato con tanta pomposa ostentazione! E' così ormai chiaro che

un soggetto di diritto ha il dovere di non utilizzare le sue libertà se non «per fini» ideologicamente

conformi, e non certo cedendo al suo supposto libero arbitrio intimo. Bisogna pur ammirare

l'argomentazione tutta soggettiva: «la Commissione ritiene che... [...] considera che...». Il Diavolo è

la sotto, non c'è niente da provare: i giudici ne sono già convinti.

Il rigetto del ricorso è stato perciò fondato su un determinismo giuridico di tipo morale. Nel caso di

specie, i giudici hanno reputato Pierre Marais immorale, in quanto avrebbe preteso di inferire

qualcosa a cui del resto non vi è nessuna prova abbia neppure pensato, e che comunque non ha

scritto. Niente di meno che direttamente la «distruzione dei diritti e libertà riconosciuti»

(evidentemente, solo agli altri), per riprendere la formula enfatica e pomposa della sentenza. Il

diritto formale e legale apparente deve a questo punto, come durante l'Ancien Régime o sotto il

potere sovietico, cedere alla morale dominante, di cui non può essere che un mero e subalterno

ausiliario occasionale.

Ed ecco qui la Commissione della Corte in azione, nel seno stesso della liturgia giudiziaria del

teatro di Satana. La proscrizione non prende di mira solo il prodotto mefitico dell'anima dannata del

querelante, espulso dall'umanità. E' l'anima posseduta dal Maligno che fa esalare i suoi miasmi dalle

idee, dai sentimenti, persino dalle formule chimiche che i giudici considerano orrenda alchimia. Si

tratta infatti di possessione diabolica redibitoria, e non della commissione di oggettivi atti materiali

proibiti, quali che possano esserne le intime e ultime motivazioni, in teoria appannaggio esclusivo

del foro interno dell'imputato.

Del resto, simili atti oggettivi e materiali, come la corruzione, il furto, l'assassinio, la truffa, vere

trasgressioni del Sollen (dovere, condotta richiesta), ma non ideologicamente peccaminosi, non

consentono certo di per sé che l'imputato sia privato di una qualsiasi protezione. I balordi, i

malfattori più sordidi sono al riparo dalla nuova proscrizione sociale e giuridica dal regno dei Diritti

dell'Uomo, e sono anzi guardati con un impietosimento neo-rousseauiano cui l'ondata di criminalità

oggi dilagante non è estranea; ma gli stessi "comuni diritti" non si può certo tollerare che vengano

invece strumentalizzati per la «distruzione dei diritti e delle libertà riconosciuti». Tutti costoro

possono perciò profittarne liberamente. Non così chi ha "idee libertine", i curiosi di scienza, genia

hitlero-satanica.

Per i partigiani e i guardiani faziosi dei sacrosanti Diritti dell'Uomo, sola conta la lotta senza

(52) Jean-Gabriel Cohn-Bendit, "Question de principe", in Libération 05/03/1979, pubblicato ugualmente in appendice

al contributo dello stesso autore all'opera collettiva per la difesa della libertà di parola degli storici revisionisti, con

la partecipazione del sottoscritto, intitolata Intolérable intolérance [versione originale Web] Editions de la

Différence, Parigi 1981.

quartiere contro il "nemico del genere umano" (per riprendere la definizione demonologica di

Pascal in Les Provinciales). Il Maligno si è dunque nascosto maliziosamente nel corpo posseduto

del chimico e si è rivelato alla sagacità ispirata dei giudici moralizzatori. Pierre Marais, per la sua

supposta motivazione interiore, nella sua intima coscienza, aveva commesso, come dice Orwell, il

«crimine fondamentale che contiene tutti gli altri, il crimine del pensiero, lo psicoreato». Mirava "in

realtà", sornionamente, a un risultato peccaminoso, a «fini contrari allo spirito...», che i giudici

hanno subodorato senza fallo, con l'aiuto della grazia divinatoria dei Diritti dell'Uomo.

In tutta evidenza, il ragionamento della Corte è quanto meno specioso, in particolare nel caso di

specie preso in esame. Tale ragionamento riposa su una pura petizione di principio, disonesta e

falsa. La mera constatazione di una realtà qualsiasi, fondata o meno sulla chimica, non consente di

per sé di dedurre rigorosamente un bel niente quanto ai disegni e motivazioni ultimi del soggetto

che la sottopone all'esame altrui, disegni e motivazioni che del resto non dovrebbero riguardare, in

un'interpretazione sana del diritto contemporaneo, che lui e la sua coscienza. Ma questo non è

evidentemente il modo di vedere le cose degli spiriti dogmatici che possono presuntivamente

inferirne un'empietà correlativa di chi procede a constatazioni scomode o mefitiche. Quando il

diritto decade nella "morale", il diritto in senso proprio non esiste più, ma solo la teologia: qui, la

semi-teologia secolarizzata dei Diritti dell'Uomo.

Provenendo da giudici sedicenti "laici", ma appoggiati sulla metafisica del bazar mercantilista dei

Diritti dell'Uomo, la sentenza Marais è senza dubbio fondata su un'affermazione particolarmente

odiosa e imbecille. Non si è "nazisti" (anche se non hanno usato la parola, è chiaro a cosa si

riferisse, sulla base delle loro prevenzioni di partenza, il limitato pensiero dei giudici) in ragione di

uno studio in materia di chimica fisica. Di conseguenza, pare andare da sé che non si è "nazisti",

foss'anche nell'accezione stereotipata della neolingua dominante, nella misura in cui si decide di

verificare empiricamente la possibilità o impossibilità dell'uso di gas tossici per l'esecuzione di

prigionieri nel campo di Struthof.

In effetti, il povero Marais è ben lontano dal considerarsi "nazista", essendo anzi le sue idee

personali, secondo quanto manifestato in pubblico e in privato nel corso della sua vita, quando pure

gli è capitato di farlo, di tutt'altro orientamento. Ma i giudici di Strasburgo non ne sapranno mai

nulla perché non ne hanno voluto sapere nulla, murati come sono nella loro passione partigiana. Ciò

senza contare come ovviamente anche il fatto che lo stesso potesse essere (come non è) di simpatie

nazionalsocialiste, nulla ci dice quanto all'esattezza o inesattezza delle sue conclusioni. E senza

ancora contare il fatto che, se anche nazionalsocialista fosse, questo non dovrebbe impedirgli di

esercitare i suoi diritti intrinseci di "uomo" e la sua libertà di espressione, tanto più quando questa

non riguarda neppure opinioni in qualche senso "politiche", ma unicamente formule ed

esperimenti, qualsiasi conclusione di ordine storico il lettore ne possa trarre. Ma abbiamo visto che

il soggetto di diritto non si vede riconosciuto come tale che a condizione di utilizzare le libertà

ostentatamente proclamate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo su licenza della super-ideologia,

e in nessun caso per ipotizzati «fini contrari allo spirito e al testo della Convenzione».

Rieccoci così all'inquisizione delle anime ed allo stupro delle coscienze, che fioriscono sotto la

formula dei "diritti umani", per cacciare ogni arbitrio o motivazione sospettata di un'intima

peccaminosità. Tutti gli uomini sono liberi, certo, ma sono unicamente liberi di... non contrariare

ideologicamente e moralmente coloro che pretendono dettare i loro Diritti così come il loro Bene.

Liberi sono i querelanti... di non contraddirli. E questa regola già non è più fondata sul «testo»

legale e formale della Convenzione, ma sul suo «spirito». Il pensatore dissidente, anatema per i

Diritti dell'Uomo e per il loro "spirito", dalla notevole plasticità ideologica e morale, se lo abbia per

inteso.

Bisogna però ammettere che questi giudici, divenuti quasi teologi, predicatori e confessori, sono i

vettori del Bene metafisico, i guardiani supremi «della giustizia e della pace». Il che non è poca

cosa, nella presunzione della pratica e dello stile giudiziario: ne abbiamo ben conosciuti altri, più

circospetti, meno enfatici, infinitamente più seri... e più modesti. Ben inteso, si chiede ai bigotti,

agli ingenui, e al pubblico istupidito di applaudire e sbellicarsi al teatro di Hitler. Per il rogo acceso

ogni giorno con il napalm, gridate tutti: bene! bravo! In fin dei conti il Bene trionfa e il buon

costume è protetto. Il rogo non è del resto sempre virtuale. La US Air Force che è nei cieli e i suoi

ascari vegliano. Abbasso Hitler, abbasso Saddam, abbasso bin Laden! Viva il Bene!

Dalla lettera allo "spirito" della Convenzione: la deriva verso il processo alle intenzioni

Questa giurisprudenza, pur se non del tutto sprovvista di precedenti da parte dei venditori di olio di

serpente di Strasburgo, resta nondimeno di una gravità estrema, comportando alcune conseguenze

teoriche che meritano di essere esaminate con attenzione. Annuncia anche una decadenza del

principio di legalità nelle società occidentali che procede ormai a passi da gigante.

Innanzitutto, e in primo luogo, la Corte europea dei diritti dell'uomo non esita, in presenza di

disposizioni testuali, e benché queste sia già da parte loro docili ai suoi disegni partigiani, a

invocare direttamente lo «spirito» della Convenzione, cui si riservano di dare la precedenza ogni

volta sia necessario. Si tratta di una pietra miliare importante nella direzione dell'affermazione di un

diritto "consuetudinario", moralizzatore e di fonte giudiziaria, che concede al giudicante in realtà un

arbitrio assoluto onde impedire al soggetto di diritto la "licenza" delle motivazioni ultime, che nel

diritto penale contemporaneo non dovrebbero in realtà che riguardare lui stesso. Peggio, si tratta di

un diritto "consuetudinario" inventato ex nihilo, senza alcun presupposto in usi concreti o in un

corpo di precedenti evolutosi storicamente e che possa tenere luogo della norma legale, ma solo

nella super-ideologia dominante e nei preconcetti diffusi dei suoi sostenitori. La Convenzione

europea dei diritti dell'uomo, o meglio il suo "spirito" così interpretato secondo necessità, regna

sola nei cieli. Si tratta in effetti di una giustizia ideologica confessata (vedi il citato art. 17) e

moralizzatrice, che mira ad estirpare la fornicazione spirituale con le idee proibite. Cose che non

sono certo nelle... consuetudini, in senso proprio, ovvero nelle tradizioni culturali e pratiche, dei

sistemi giuridici dell'Europa continentale, specie di matrice romano-germanica, legati da secoli alla

legalità e formalità del diritto penale, fondati su dettati normativi scritti, soggetti ad interpretazione

stretta.

Non si può che constatare qui un'influenza anglosassone crescente, il ricorso alle cui tradizioni era

del resto necessario per legittimare il diritto penale elaborato contro gli esponenti del III Reich in

particolare, per ragioni politiche contingenti. In fin dei conti, si tratta di capitolare tra l'altro ad un

diritto penale angloamericano "alleggerito" (light), utilizzabile al di fuori del relativo contesto e

garanzie da non-anglosassani che sognano di parlare inglese e di inabissarsi in un'american way of

life immaginario. Questo diritto è infatti l'arma politica e morale universale della Cappa: arma che

ritrovano i giudici di Strasburgo nel cielo moralizzatore e nell'incomparabile azzurro mistico della

US Air Force.

Ecco perché i redattori della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo hanno

rinunciato alla regola onorata della legalità delle pene, facendo regredire per pregiudizio i nostri

riferimenti in materia all'epoca dell'inquisizione. Il principio anti-legalista, e

pseudo-"consuetudinario" è esplitamente affermato nel testo all'art. 7 della Convenzione, che recita

bensì: «Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è

stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale», ma subito

aggiunge: «Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole

di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era un crimine secondo

i principi generale di diritto riconosciuti dalle nazioni civili».

E' rimarchevole come questo testo non faccia alcun riferimento alla "legge" in senso formale,

rinviando addirittura espressamente per la definizione di ciò che è criminoso ad un'assise

rappresentata non da un qualche potere sovrano e popolare, ma ad astratti "principi generali".

Troviamo qui un vasto campo libero per l'arbitrarietà teoricamente esauritosi in Francia con

l'Ancien Régime e che resta la molla del nuovo diritto di impronta angloamericana. Il medesimo art.

7 è del resto in totale contrasto con le disposizioni della famosa Dichiarazione francese dei diritti

dell'uomo e del cittadino del 1789, dichiarazione che continua a figurare nel preambolo della

Costituzione gollista del 1958, dove si legge: «Nessuno può essere punito che in virtù di una legge

stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata».

Ora, in un parere del 18 giugno 1979, il ministro francese degli affari esteri ricordava beotamente la

straordinaria parzialità fondatrice del «comitato d'esperti incaricato di elaborare il progetto di

convenzione di garanzia collettiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali» quanto al punto

che qui ci preoccupa. Il comitato aveva ritenuto che dopotutto non è per il fatto di affettare di avere

principi giuridici che ci si debba attenere troppo strettamente. Rifiutando di sottomettersi anche solo

formalmente all'ideologia della supposta imparzialità del diritto repubblicano, il comitato citato

scriveva anzi: «Quanto al principio della non-irretroattività della legge penale [...] il Comitato tiene

a sottolineare che questo testo non riguarda le leggi che, nelle circostanze del tutto eccezionali che

si sono prodotte a seguito della guerra mondiale, sono state passate per reprimere i crimini di guerra

e i fatti di tradimento e collaborazione con il nemico, e non mira ad alcuna condanna giuridica o

morale di tali leggi».

Da qui, il secondo paragrafo dell'art. 7 della Convenzione sopra riportato... Si noterà che le "nazioni

civili" secondo la medesima disposizioni sono ovviamente gli angloamericani, con il loro diritto

penale consuetudinario, pure nel relativo ambito più o meno plasmato e certificato da tradizioni

secolari ed interventi legislativi e costituzionali. Diritto che fu applicato, sotto forma di avatar

impoverito e caricaturale, dal Tribunale Militare Internazionale di Norimberga insediatosi a

Norimberga all'ora dell'hallalì. La giurisdizione esclusivamente inter-alleata aveva rifiutato

anch'essa di considerare come un principio intangibile la non-retroattività delle leggi, dichiarando

che «la massima "nullum crimen sine lege" non è che una regola che va per la maggiore», ma che è

priva di un valore particolarmente vincolante, con il che veniva tirata senza problemi una riga su

Beccaria e sulla stessa Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789.

Da questo punto di vista, si potrebbe legittimamente sostenere che la Convenzione europea per la

salvaguardia dei diritti dell'uomo è, riguardo alla famosa Dichiarazione del 1789, propriamente

controrivoluzionaria. Ma oggi quale "repubblicano" e "democratico" professionale ed

autoproclamato oserebbe offuscare la sua reputazione con un tale reazionario cavillo?

In tutti i modi, i famosi principi del 1789, messi in concorrenza con quelli della Convenzione

europea, sono storicamente e tecnicamente perdenti. In effetti, la stessa giurisprudenza francese

ammette oggi che i giudici nazionali devono direttamente applicare le convenzioni internazionali

dette "ad effetto immediato" ignorando le leggi nazionali che fossero ad esse per ipotesi contrarie.

Questo principio, già evocato, della "gerarchia delle fonti" o della "prevalenza" è il solo modo che

ci consente di sottometterci di fatto alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo,

come ha voluto definitivamente François Mitterand nel 1981. Esso viene desunto dall'art. 55 della

Costituzione francese in vigore, che dispone: «I trattati o accordi regolarmente ratificati hanno, a

partire dalla loro pubblicazione, un'autorità superiore a quella delle leggi, sotto riserva, per ciascuno

dei trattati, della sua applicazione dall'altra parte». D'altronde, e molto saggiamente da un punto di

vista democratico tradizionale, la giurisprudenza rigetta l'idea di una competenza del giudice a

giudicare della costituzionalità delle leggi nazionali, democraticamente approvate dai rappresentanti

del popolo in parlamento; salvo purtuttavia, se si stratti di ricorrere al succitato art. 55 della

Costituzione per derogare ad una legge nazionale a profitto di una convenzione internazionale

considerata "ad effetto diretto" nell'ordine giuridico interno...

Praticamente, ciò significa che il giudice francese deve, se ne ricorre l'opportunità, di disattendere la

legge nazionale a favore della Convenzione, cosa che non potrebbe fare se la legge fosse contraria

alla Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo e del cittadino! Gli "immortali principi" in essa

contenuti sono perciò in condizione di inferiorità e di per ciò stesso in condizione di inferiorità in

caso di conflitto (53).

(53) La situazione costituzionale italiana, come noto, è ben diversa, e fornirebbe in teoria meno alibi alla

globalizzazione "europea" dei Diritti dell'Uomo. Se «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del

diritto internazionale generalmente riconosciute» (art. 10 Costituzione) e «l'Italia [...] consente, in condizioni di

parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia

fra le Nazioni» (art. 11), nessuna norma parrebbe autorizzare ad applicare una normativa internazionale in

violazione dell'ordine costituzionale interno il giudice nazionale, che anzi è tenuto a sottoporre alla Corte

costituzionale, anche d'ufficio, le questioni di costituzionalità di una qualsiasi normativa che non risultino

palesemente infondate (art. 134), ad esempio ai sensi dell'art. 25, II comma («nessuno può essere punito se non in

forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»), o dell'art. 33, I comma («L'arte e la scienza

sono libere e libero ne è l'insegnamento») o 21, I comma («Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio

pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»). Non solo. La Repubblica italiana, non facendo

parte delle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, non ha ovviamente mai partecipato alla stipulazione

del trattato istitutivo del cosiddetto Tribunale Militare Internazionale che ha celebrato i processi di Norimberga

[alias] onde la relativa convenzione, ed i relativi riflessi giuridici, in linea di principio non esisterebbero affatto nello

spazio giuridico interno del nostro paese. [Nota del Traduttore]

In secondo luogo, per ritornare agli insegnamenti che è possibile trarre dalla vicenda Marais, la

Corte europea dei diritti dell'uomo si permette di fare un processo alle intenzioni al chimico, nel

modo più contraddittorio, occulto ed apodittico. Per il suo carattere sornione ed inopinato, il colpo è

evidentemente impossibile da parare, non essendo stato l'avvocato difensore neppure messo in

grado di replicare all'argomento. La motivazione invocata è più che mediocre, dato che la

Commissione non fa altro che invocare opinioni non meglio giustificate («la Commissione

ritiene...»). Ma non vi è ragione di spiegarsi: uno storico revisionista, avesse anche

indiscutibilmente la scienza o la verità dalla sua parte non può che essere un nemico dei «valori

fondamentali della Convenzione..., ovvero la giustizia e la pace». Non vi è qui né diritto né

giustizia, ma solo un tremendo partito preso politico-ideologico e moralistico, che ogni ordinamento

ragionevole dovrebbe considerare logicamente come una violazione di doveri d'ufficio da parte del

magistrato che se ne renda responsabile.

Infine, e in terzo luogo: cosa più grave di tutte, la giurisdizione suprema per la difesa dei Diritti

dell'Uomo si arroga la licenza incongrua e smisurata di dire che cosa sia un "uomo". Tramite il

ricorso all'art. 17, si arroga il diritto di definire chi meriti o meno protezione come soggetto di

diritto a pieno titolo, a titolo dei relativi "diritti". Lo stesso art. 17 potrebbe essere chiamato la

clausola di eliminazione del "nemico del genere umano". E' una manifestazione tangibile della

demonizzazione dei dissidenti occidentali contemporanei, che mutano in eretici privati di qualsiasi

diritto formale, nel quadro della lotta del Bene e del Male. I Diritti dell'Uomo istituzionalizzati,

eretti in diritto positivo dalla relativa Convenzione, hanno permesso la restaurazione dell'interdetto

e della scomunica.

Nel caso di specie, la Corte ha semplicemente deciso che Pierre Marais, contrariamente agli uomini

in generale, non sarà trattato come soggetto di diritto, ma da quel "nemico del genere umano" che è,

dato che il suo discorso trae origine da una fornicazione spirituale. Reminiscenza questa, per il

giurista, dei tempi della schiavitù, quando lo schiavo non era che un oggetto di diritti, una semplice

cosa, sprovvista come tale di qualsiasi capacità giuridica propria. Non c'è bisogno di sottolineare le

prospettive vertiginose aperte da questo approccio.

Ogni persona sospettata, a torto o a ragione, di non professare nel segreto del suo cuore l'ideologia

dei Diritti dell'Uomo, può dunque essere privata dei suoi diritti civili fondamentali ed essere

assoggettata ad una sorta di morto civile, di scomunicato, di "nemico del genere umano". Così, i

Diritti dell'Uomo sfociano in definitiva sulla creazione di una paradossale e non detta nuova

categoria, che ricorda lo stato di schiavitù, l'"interdetto" della scomunica, e la "morte civile" degli

ergastolani, già abolita in Francia con la legge del 31 marzo 1854. Questa categoria nuova, o

piuttosto restaurata sulla scorta dei modelli suddetti, e colpita da anatema, è quella dei dissidenti,

ovvero dei Malvagi o dei Salauds (letteralmente sporcaccioni, equivalente all'italiano "porci",

sottinteso "fascisti", ad esempio nel linguaggio di Sartre [alias]).

In effetti, il ricorso al termine "salauds", sembra più moderno e meno connotato dal linguaggio

infantile. Viene opportunamente a rimpiazzare il termine di "salope" ("porca, sporcacciona") che

designava la donna di ritenuta immoralità sessuale, questa volta per designare l'uomo o la donna (da

definirsi forse al femminile "salaude"?) di cattiva moralità in rapporto alla "virtù antirazzista".

Visto lo spirito moralista e semi-demonologico da cui è affetta la giustizia in Europa e più in

generale in Occidente, gli appartenenti a questa categoria potrebbero anche essere indicati

denominati Succubi (del Diavolo, di Satana, di Hitler). Ma questo linguaggio non è evidentemente

abbastanza trendy, suona datato, benché sia ancora oggi utilizzato. Per esempio per designare un

vecchio generale della Wehrmacht, divenuto militante nazionalista nel suo paese dopo la guerra,

Ernst Otto Remer (1912-1997), soprannominato "il Succubo di Hitler" dalla voce del narratore

durante una trasmissione televisiva (54).

La demonizzazione funziona alquanto bene, tenuto conto dell'obnubilamento provocato dal

complesso interiorizzato dello stopreato orwelliano. come testimonia quanto banalmente dichiarato

da un oscuro sostituto procuratore di provincia. In presenza del padrone di un campeggio inquisito

(54) Canale Arte, 26/02/2002, nella trasmissione Les faces cachées de l'extrême droite.

perché non voleva più del 50% di bambini di colore, tenuto conto dei problemi pratici che ciò gli

provocava, il magistrato ha pronunciato in pubblica udienza queste parole: «Voi siete inumano» (55).

I ladri, gli stupratori e gli assassini, per tanto che i loro moventi non siano altro che il sadismo e

l'avidità, hanno sempre da parte loro questa chance di intenerire i pubblici ministeri postsessantottini:

in fin dei conti, sono esseri umani. E forse che nell'ottica neo-rousseauiana e

permissiva gli esseri umani non sono sempre vittime della società "fascista"?

Nessuna misericordia per i "porci"

Pierre Marais non è solo: per la Corte europea dei diritti dell'uomo, gli storici revisionisti in

generale sono reputati non umani, dissidenti, e quindi "porci". La Corte ha tenuto d'altronde a

ricordare la sua intangibile petizione di principio in una causa senza alcun rapporto con il

revisionismo storico, il procedimento Lehideux et Isorni contro la Repubblica francese.

Nella relativa sentenza del 23 settembre 1998, dando ragione (per la verità... post mortem) ai

ricorrenti, che erano stati condannati in Francia per aver pubblicato un testo in favore della

revisione della condanna del maresciallo Pétain, la Corte europea ha approfittato della circostanza

per enunciare, per inciso: «La Corte ritiene che non spetti ad essa farsi arbitro di una questione che

pertiene ad un dibattito sempre in corso sull'interpretazione degli avvenimenti di cui si tratta. A

questo titolo, sfugge alla categoria dei fatti chiaramente stabiliti – come l'Olocausto – la cui

revisione o negazione si vedrebbe sottratta dall'art. 17 all'applicazione dell'art. 10» (56).

Il richiamo, completamente fuori tema nella fattispecie, è sintomatico della "vigilanza" dei giudici

moralizzatori e demonologi di Strasburgo. Eccoci in pieno nel tempo delle nuove streghe, indicate

alla pubblica vendetta dalla stampa addomesticata dalla Cappa, ma anche alla vendetta giudiziaria,

all'alba del fanatismo che contraddistingue l'inizio del nuovo millennio. Le nuove streghe sono

correntemente, e per lo più indifferentemente, maledette con formule di scomunica ed anatema

standardizzate, come "fascisti", "razzisti", "nazisti", "neonazisti", "negazionisti". In aggiunta, è

aperto il ricorso al sistema primitivo ed anglosassone di common law della judicial notice, la

"scienza privata" del giudice quanto ai fatti di causa, nozione che rimanda qui ai «fatti storici

chiaramente stabiliti», dunque al di fuori di qualsiasi onere della prova, ed addirittura di qualsiasi

discussione nel contraddittorio tra le parti.

E tutto ciò sotto la copertura dell'Olocausto, uscito per i suoi settari fanatici dall'ultimo e più recente

libro della Bibbia, il libro sacro della Shoah [alias] e cuore mistico della cattiva coscienza

secolarizzata, motore immobile dello stopreato orwelliano. Libro che viene scritto davanti ai nostri

occhi all'alba del ventunesimo secolo pretesamente emancipato, più di due secoli dopo

l'Illuminismo, costantemente celebrato, ma solo nel senso, ed ai fini, ad esso attribuiti dalla

neolingua contemporanea. Viene scritto secondo l'inalterabile spirito levantino che ha sempre

presieduto a questo genere di redazione e che Ernest Renan [alias] (1823-1892) ha analizzato in

questi termini, oggi blasfemi, benché il loro autore non sia "antisemita": «La sincerità con se stessi

non ha molto senso presso gli orientali, poco abituati alle delicatezze dello spirito critico. Buona

fede ed impostura sono parole che, nella nostra rigida coscienza, si oppongono come termini

inconciliabili. In oriente, vi sono mille fughe e mille modi aggirare l'ostacolo. Gli autori di libri

apocrifi ("di Daniele" o "di Enoch", per esempio), uomini tanto esaltati, commettevano per la loro

causa, e con assoluta certezza senza l'ombra di uno scrupolo, un falso. La verità materiale ha poca

presa per un orientale; vede attraverso le sue idee, i suoi interessi, le sue passioni. La storia è [così]

impossibile, se si ammette con alterigia che vi sono per la sincerità molte misure» (57).

Non si può non pensare alla parola visionaria di Céline sulla «magica camera a gas», in ogni caso

quanto ai suoi effetti psicologici e sociali di obnubilamento, al di fuori del dibattito stesso sulla loro

realtà originale. Dopo aver letto La menzogna di Ulisse, dello storico revisionista ante litteram,

(55) Libération 21/12/2001, pag. 20.

(56) Cfr. ad esempio Legipress, dicembre 1998, III.

(57) Ernest Rénan , La vie de Jésus, Edition Michel Lévy Frères, Paris 1863, pag. 252.

partigiano ed ex deportato Paul Rassinier (1906-1967), pubblicato per la prima volta nel 1950,

l'autore disperato e profetico della Ecole des cadavres [versione Web] (1938) scriveva: «Il suo libro,

ammirevole, farà un gran baccano... tende a far dubitare pure della magica camera a gas!... non è

poco!... Tutto un mondo di odio sta per essere forzato a strillare all'Iconoclasta... Era tutto la camera

a gas!... Tutto permetteva!» (58).

Ma qui, attenzione, e non soltanto al delitto d'opinione, o di pensiero "libertino". Attenzione al

crimine di sentimenti maliziosi o di pensieri disonesti. I giudici predicatori e confessori vegliano

alla messa in scena del teatro di Hitler e sotto le quinte luminose il popolo condizionato ed

ipnotizzato forma un pubblico addomesticato ed uggiolante. Qui risiede in effetti una sorgente

essenziale della cattiva coscienza contemporanea, la sorgente prima che eleva la questione

all'altezza di un mito, nel senso di fatto fondatore. La nozione di mito fondatore comporta in

particolare un'independenza dalla verità del fatto che esso occasionalmente strumentalizza. Così, il

14 luglio è un mito fondatore, anche se la presa della Bastiglia è d'altronde un fatto acquisito. Così,

nella Bibbia vi sono probabilmente circostanze che richiamano fatti storicamente verificatisi; ma ciò

non leva nulla alla sua valenza di mito fondatore. Il mito fondatore qui esplicitato nel suo modo di

operare e nelle sue conseguenze, fa da parte sua riferimento ad un fatto "vero perché incontestabile

per autorità di legge". Ma di questo fatto non potrebbe mai per ipotesi essere considerato in più

esatto anche dal punto di vista storico sino a che non fosse restaurato il libero dibattito, dato che i

procedimenti pre-logici ben possono far ammettere una verità, ma non decidere anche della sua

realtà empirica.

Mito incapacitante, ma anche avvento e mito fondatore delle moralizzatrici democrazie borsistiche

contemporanee e palladio dell'immarcescibile Stato di Israele, santo tra i santi dell'Occidente

"antifascista". E' un mito inneffabile, dominio dell'indicibile, eretto in dogma morale ed

oscurantista, che protegge con le sue folgori in Francia la legge Fabius-Gayssot. Leggi equivalenti a

quest'ultima sono state ottenute in otto paesi d'Europa 59, nel corso dell'ultimo decennio del

ventesimo secolo e a cinquant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ad opera della

«comunità ebraica che si è mobilitata» (Marc Domingo). Il dominio delle istituzioni

rappresentative, autoproclamatesi tali, di tale "comunità" sui sistemi politici e sociali europei s'è

manifestato in modo impressionante. Ebrea, ma spirito libero proveniente da sinistra, Annie Kriegel

(1926-1995) ha osato denunciare, ma invano, quest'effetto emanante da una «ossessiva caccia alle

streghe» fondata su una «insopportabile psicopolizia ebraica» (60). Revocare in dubbio la Shoah,

d'altronde, metterebbe fine al complesso dello stopreato, dissipando una parte oggi essenziale della

cattiva coscienza secolarizzata, cosa che cambierebbe la faccia del mondo. Là sta il problema.

Da parte mia, non essendo né un sostituto procuratore preposto alla caccia ai vecchietti, né un ex

comunista, mi limiterò a constatare qui una illustrazione impressionante della potenza e delle

velleità oscurantiste di certe organizzazioni ebraiche. Si tratta d'altronde di istanze essenzialmente

sioniste, e di conseguenza del tutto politicizzate, la cui rappresentatività non riposa neppure sui

suffragi dello stesso "popolo eletto". Sfortunatamente, e in modo del tutto inopportuno, il

Concistoro ebraico di Francia è stato talora tirato anche lui nella partita, al punto da costituirsi

processualmente a fianco di associazioni "specializzate" che incarnano una volontà tirannica veterotestamentaria,

fondata sullo sfruttamento della dottrina religiosa ebraica globalmente interpretata

alla luce della legge del taglione («Occhio per occhio, etc.») (61). Come scrive Sergio Quinzio, «gli

ebrei hanno sempre guardato con sospetto il perdono, nel timore [...] che l'assenza di sanzione della

colpa [...] finirebbe per mescolare caoticamente il bene e il male. [...] C'è qualcosa di paradossale, di

impossibile, di distruttore, soprattutto nel perdono e nel rifiuto di giudicare adottati come criteri

(58) Lettera ad Albert Paraz del 20/11/1950, pubblicata in Le Bulletin Célinien n. 4, quarto trimestre 1982.

(59) Per una discussione della legislazione italiana omologa, in particolare la legge Mancino-Modigliani, cfr. "Le idee

nel mirino della repressione" (redazionale), in l'Uomo libero n. 37 , e "Il processo Gozzoli e le leggi speciali" di

Mario Consoli in l'Uomo libero n. 43 . [Nota del Traduttore]

(60) Annie Kriegel , "Le leurre de l'antisémitisme", in Le Figaro 02/04/1990, pag. 2.

(61) Esodo , 21, 23-25.

normali di comportamento nel mondo. E questo la sottigliezza ebraica lo coglie inesorabilmente»

(62).

Alla legge del taglione e al rifiuto del perdono s'oppone certo l'insegnamento, di rottura, di Cristo

nel Sermone della Montagna (63). In un libro pubblicato nel 1947 a New York, e firmato A. O.

Tittman, si legge: «Dire con molta chiarezza che con la fine di questa guerra è arrivata ugualmente

la fine dell'era cristiana. Tutti i precetti di condotta che avevano corso sin qui sono stati scartati, ed

al loro posto è stato stabilito lo spirito di vendetta della legge mosaica» (64). Per il professore

portoghese Joaõ Das Ragas, «di fatto a Norimberga due mondi si sono affrontati, che non potevano

comprendersi. Il mondo materialista di Mammona e dell'ipocrisia democratica contro l concezione

idealista ed eroica di un popolo che difendeva il suo diritto di vivere» (65).

Ebbene, i tempi mammonici sono felicemente arrivati, sovvertendo i nostri principi e le raffinatezze

della nostra civiltà giuridica, senza pietà. Ciononostante, esisteva già nei processi delll'Inquisizione

cristiana una deroga in cui il "perdono" cristiano parimenti non poteva entrare in gioco, salvo

cadere nell'ambiguità, giacché si pensava: «Il giudice deve essere misericordioso? Val meglio che

preferisca la misericordia al rigore, questo è il principio: in realtà il giudice è però sempre

misericordioso, anche quando uccide, perché se non addolcisce la pena di certo compatisce il

condannato. E' misericordioso quando fa frustare qualcuno e vieta allo stesso tempo che subisca una

pena più grave ancora. E così via. Perdonare ai peccatori ostinanti, è ingiustamente misericordioso.

Niente misericordia né perdono dunque per gli eretici, salvo se si piegano alla volontà

dell'inquisitore» (66).

I "porci" non sono soggetti di diritto

Le prospettive aperte dalla giurisprudenza scellerata e inconsciamente demonologica della Corte

europea dei diritti dell'uomo sono perciò appunto vertiginose.

I dissidenti dell'ideologia dei Diritti dell'Uomo, questi nuovi eretici, potranno essere sottoposti alla

tortura e ad altre vessazioni? Non cediamo qui al gusto della sparata, perché abbiamo visto che la

risposta in linea di principio dovrebbe essere affermativa (67), almeno sulla base della illustrata

dottrina di ostracismo giudiziario. Per il trionfo, ovviamente, dei «valori fondamentali della

Convenzione... ovvero la giustizia e la pace», i paria dell'art. 17, in cui rientra potenzialmente

qualsiasi dissidente politico radicale, sono espressamente esclusi dai benefici della Convenzione

europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, e quindi da tutte le disposizioni protettive della

Convenzione stessa, secondo le necessità della super-ideologia.

Così, per la salvaguardia "della giustizia e della pace" si potrà legalmente escludere qualsiasi

"fascista" designato come tale dal beneficio dell'art. 4: «Nessuno può essere tenuto in condizioni di

schiavitù o di servitù».

Così, se sembrerà necessario rafforzare la repressione contro questi porci, sarà possibile mettere

quanti identificati come negazionisti ai lavori forzati, escludendoli dal beneficio del secondo

(62) Sergio Quinzio , Radici ebraiche del mondo moderno, Adelphi, Milano 1991.

(63) Matteo , 5, 44.

(64) A. O. Tittman, The Nuremberg Trial, New York 1947, citato anche in Maurice Bardèche, Nuremberg II ou Les

falses monnaieurs, Les Sept Couleurs, Parigi 1950, pag. 78.

(65) Ibidem, pag. 83.

(66) Da Le dictionnaire des inquisiteurs, Valenza 1494, di Anonimo (ultima edizione francese, presentata da Louis Sala-

Molins, Editions Galilée, Parigi 1980), voce "Miséricorde".

(67) Nel tempo trascorso dalla pubblicazione del libro, secondo una giurisprudenza a vari livelli in via d'affermazione

almeno implicita (cfr. le questioni in materia di estradizione o "transito" di "terroristi" in paesi compiacenti, le

decisioni della Corte Suprema americana su Guantanamo e l'acquiescenza al riguardo dell'autorità giudiziaria

inglese, etc.) la risposta sta diventando "sì" anche a livello pratico nei confronti di chi possa essere ritenuto un

"terrorista", e dato che i "porci" non sono certo cittadini a pieno titolo...

comma dello stesso articolo: «Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o

obbligatorio». Idem per ciò che riguarda il diritto «alla libertà e alla sicurezza» (art. 5), o «alla vita

privata e familiare» dei razzisti che potrebbero asseritamente minacciare «la giustizia e la pace».

Questo sistema, emergente nell'esempio citato da una decisione che si è ribellata alla ricerca

scientifica, può identicamente permettersi di proibire il cattolicesimo tradizionale ai fedeli della

tendenza di Mons. Lefebvre, ove qualcuno decidesse che sono "fascisti". L'art. 17 potrebbe

permettere infatti di rifiutare loro la facoltà di d'invocare il secondo comma dell'art. 9 della

Convenzione («libertà di manifestare la propria religione...»). Del resto, la Repubblica francese si è

da non molto dotata di una legge contro i «movimenti settari», promulgata il 12 giugno 2001, che

non sono altro in definitiva che religioni non compromesse con gli Stati e le istituzioni della Cappa.

I "movimenti settari" sono infatti definibili essenzialmente come credenze e culti che nel bene e nel

male non hanno sufficientemente manifestato il loro ossequio ai Diritti dell'Uomo. Si tratta di una

legge che del resto non dovrebbe letteralmente lasciare del tutto tranquilli neppure gli ordini

regolari cattolici, persino conciliari, e su cui si dovrebbe ritornare...

L'art. 17 consentirebbe altresì di proibire ai "razzisti" di sposarsi tra "bianchi", ove si possa

sospettare che ciò avvenga per un loro colpevole cedimento ad un'inclinazione razzialmente

endogena, aborrita dal sistema e dalla Cappa (United Colors of Benetton!). Questa libertà, che

sarebbe in via generale garantita dall'art. 12 della Convenzione, che riguarda la libertà

matrimoniale, non è infatti certamente applicabile ai "porci".

A partire da una giurisprudenza folle, scellerata e gravida di arbitri impensabili, tutte queste

speculazioni diventano d'un tratto giuridicamente plausibili.

Ma ecco un caso concreto. E' stato recentemente possibile osservare, nell'indifferenza generale, che

Maurice Papon (68) non era in effetti un "uomo", nel senso dei "diritti" relativi, come si era pure a

lungo pensato, ma piuttosto un "porco". Verosimilmente consigliato da giuristi più versati

tecnicamente che osservatori della decadenza moralistica del diritto e della parzialità istituzionale

dei giudici, l'ex ministro gollista, appena condannato per "crimini contro l'umanità" sulla base di

una rivisitazione a cinquant'anni di distanza dei suoi uffici durante il periodo pétainista, era filato in

Svizzera. Si trattava di evitare un'incarcerazione a 88 anni di età, e garantirgli di poter al contrario

pacificamente e tranquillamente finire i suoi giorni nel cantone del Valois.

In effetti, in mano alle autorità elvetiche, e rifiutando il proprio rimpatrio, credeva a buon diritto (?)

di poter approfittare di una lunga, e in effetti controversa e discutibile, procedura di estradizione,

verosimilmente in regime di libertà provvisoria, tenuto anche conto della sua età avanzatissima.

Poteva legittimamente (?) pensare di aver giocato una mano vincente, giacché, benché acquisita al

nuovo ordine morale mondialista e sottoposta alla Convenzione europea per la salvaguardia dei

diritti dell'uomo, la Svizzera non conosceva ancora la nozione di "crimine contro l'umanità", quale

definito ex post dai vincitori di un conflitto contro i pretesi perpetratori da essi sconfitti. Si trattava

in ogni caso di mesi di tranquillità guadagnati ai suoi ultimi giorni, in attesa di dover eventualmente

scegliere in tutta calma una destinazione d'espulsione, ove necessario ed ove fosse stato ancora vivo

all'epoca...

Ma Maurice Papon e i suoi avvocati hanno subito scoperto che il diritto, pure protettore dei

criminali di diritto comune, non era fatto per i paria della sua specie, per i "porci". Al posto della

normale procedura di estradizione nel contraddittorio dell'interessato, il condannato di Bordeaux

non ha conosciuto che la procedura... di volo di un elicottero militare. E' così che Maurice Popon è

stato depositato, sotto buona guardia, a Pontarlier, "senz'altra formalità processuale", è ben il caso

di dirlo.

Una volta così regolata in modo esemplare la sorte dei "porci" riconosciuti, conviene lavorare la

pasta umana alla base. In questo spirito, un magistrato bigotto, moralista ed inquisitore, ha proposto

un'interessante soluzione per redimere la popolazione indigena di Francia, ancora istintivamente

troppo restia ai benefici dell'"antirazzismo". Il 21 marzo 2001, avanti la commissione

dipartimentale d'accesso alla cittadinanza della regione dell'Essonne, Laurent Davenas, all'epoca

(68) Maurice Papon , già funzionario della Francia di Vichy, poi prefetto di polizia in periodo gollista, deputato dal

1968, e dal 1978 al 1981 ministro del Bilancio nel secondo e terzo governo di Raymond Barre, finisce nel 1997,

dopo quasi dieci anni di campagne mediatiche ed incidenti procedurali, per essere processato per "crimini contro

l'umanità", e condannato l'anno successivo a dieci anni di reclusione, salvo essere finalemnte liberato per gravissime

ragioni di salute e dopo tre anni di reclusione nel 2002, a novantadue anni (!). [Nota del Traduttore]

procuratore della repubblica al tribunale di grande istanza di Evry, ha illustrato il suo progetto di

promozione pedagogica coercitiva dei Diritti dell'Uomo come segue: «In materia di infrazione al

codice della strada, i conducenti possono recuperare punti per la loro patente di guida seguendo un

corso che li aiuti a correggere il loro comportamento. Parimenti, un responsabile di discriminazione

razziale potrebbe seguire un corso a pagamento di due giorni nel corso del quale gli si

inculcherebbero i principi della tolleranza. Alla fine di tale corso, si vedrebbe restituire la sua

patente di cittadino abilitato a vivere in società» (69).

Così, ai nostri giorni, un procuratore rinomato può ritenere che i nostri personali atteggiamenti,

mossi da discernimenti intimi ed arbitrari, costituiscono materia di polizia ordinaria, come il

comportamento stradale. Tale magistrato può, ma in questo è certamente in linea con i giudici di

Strasburgo, arrivare a concepire conseguentemente che sia richiesta al cittadino una "patente per

vivere in società", al termine di un vero e proprio addestramento, ben inteso in nome del Bene

giusumanista. Laurent Davenas, tenuto conto delle sue affermazioni e della potenza del

condizionamento contemporaneo, ignora certamente che la sua proposta corrisponderebbe alla

restaurazione dell'istituto già citato dell'interdetto. Questa vecchia istituzione della Chiesa dei tempi

teocratici privava di tutti i suoi diritti lo scomunicato, che perdeva così la sua "patente per vivere in

società"...

Si tratta qui di un tipico stadio di sviluppo dell'oppressione inquisitoriale attraverso lo stupro delle

coscienze, al di là persino di ogni dubbio sulla legittimità del lavaggio del cervello preconizzato. Là

dove la scuola, la televisione e gli altri media non sono stati sufficienti ad instaurare il complesso

autorepressivo dello stopreato con sufficiente efficacia, un lavaggio del cervello per ordine del

giudice diventa un'ipotesi di routine... La questione posta non è più in effetti: «siamo in diritto di

procedere in questo modo in un regime che si richiama alla libertà?», ma piuttosto come procedere

utilmente in questo senso e non appena possibile. Si tratta di una questione di moralità, si tratta di

salvare delle anime strappandole al Maligno. Formidabile... Siffatte procedure di rieducazione sono

d'altronde sin d'ora poste in essere dalla giustizia austriaca 70.

In ogni caso, la carriera di Laurent Davenas non è stata certo affetta da conseguenze negative per le

sue dichiarazioni, anzi, al contrario, come ben possiamo immaginarci. Qualche giorno dopo

l'espressione del suo ossequio mammonico, il medesimo procuratore ha ricevuto dal presidente

Chirac una lusinghiera promozione alla procura generale presso la corte di cassazione.

Già tuttavia la massa spaventosamente inibita, per obnubilamento ipnotico, si tace: stopreato! Il suo

silenzio del resto origina certo da una comune ed ebete passività, ma anche dall'effetto di un timore

reverenziale e sociale sostenuto da una minaccia onnipresente, diffusa, opprimente quanto

indefinibile: quella della Cappa. Ho conosciuto recentemente il padrone di un bar, aggredito col

coltello da tre individui di origine africana, ancora sotto lo shock di una brutta ferita alla testa, la cui

principale preoccupazione era quella di riaffermare l'adempimento al suo "dovere alla virtù":

«Eppure, ve l'assicuro, non sono razzista». Il brav'uomo sapeva oscuramente a con sicurezza quanto

velocemente si possa passare dallo stato di vittima a quello di "porco"... Psicologicamente, regna

già un terrore diffuso e insidioso.

Dietro i diritti dell'uomo, Il Terrore messianico

Certo, queste sono pazzie, ma questa follia divenuta comune è il preludio d'un nuovo Terrore

messianico che si profila, ed insorge dalla stessa giurisprudenza dei faziosi giudici della Corte

europea dei diritti dell'uomo, che hanno essi stessi perso ogni senso comune, ogni senso del diritto,

in questa nuova caccia alle streghe, compimento impressionante del teatro di Satana messo in scena

dalla Cappa, e dei suoi effetti di confusione mentale. Ventinove Saint-Just di mezza tacca e

stipendiati dal Consiglio d'Europa hanno giudicato il chimico Pierre Marais privo di ogni "dignità

umana", nientedimeno. Hanno deciso e scritto che il ricorrente era anatema. L'art. 17 della

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo autorizza dunque i giudici ad escludere da

qualsiasi norma protettiva ogni persona di cui si pretenda subodorare sentimenti, idee o attività

(69) Proposta riportata da Le Parisien 23/03/2001.

(70) Cfr. Rapport d'activité 2000, La documentation française, Parigi 2001.

altrimenti lecite, che mirino alla «distruzione dei diritti e delle libertà riconosciute», sulla falsariga

dell'art. 70 del vecchio codice penale sovietico.

Ora, per definizione, tutti gli eretici, veri o supposti, non possono agire (o pretesamente agire) che

«a fini contrari alla lettera e allo spirito della Convenzione». Parimenti per definizione i dissidenti

sovietici non potevano esprimersi che «in vista... di indebolire il regime». E' ben qui che risiede da

sempre la particolarità del delitto di opinione, o di "pensieri libertini": non è mai stato istituito che

al fine di far tacere coloro che si esprimono «a fini contrari...» alle concezioni dei loro censori,

giudici e persecutori. Evidentemente.

Non è ora chiaro, in effetti, che i guardiani supremi dei «valori fondamentali della Convenzione»,

intellettualmente sottomessi e legalmente onnipotenti, sono dei pericolosi fanatici? Bisognerà pure

un giorno mettere politicamente in stato di non nuocere questi datori di lezioni, nuovi paragoni di

virtù, nell'interesse superiore del diritto e della civiltà europei. E' un presupposto necessario per

ritornare, giuridicamente parlando, all'imparzialità agnostica dei principi formali, legali, sovrani, e

che non si arrogano di mettere il naso nel foro interno del suddito, e che esprimono la volontà

popolare e la tradizione del paese che reggono. Ma per il momento, il teatro di Satana-Hitler,

istupidente e sbalorditivo, nuovo perno del Globo e dell'Occidente, è ben insediato, e i tempi

liberatori dell'epurazione dei bigotti inquisitori contemporanei non sono ancora in vista.

Certamente, il palazzo della Corte dei diritti dell'uomo a Strasburgo – di una ripugnante e simbolica

laidezza, sia detto per inciso – è un covo emblematico della Cappa, e dunque della decadenza del

diritto e del fanatismo giudiziario. La Storia non ci insegna forse che dietro ai Diritti dell'Uomo si

profila sempre il Terrore messianico, che già affogò la Rivoluzione francese nel sangue? Questa

procedura penale di Stato che faceva in particolare richiamo alla "giustizia" riappare oggi nella

ricerca dei pensieri malefici sospettati di ispirare i nostri atti, ivi compreso quando questi sono di

per sé del tutto anodini. E' proprio il Terrore giudiziario che infuria nel campo delle idee e dei

sentimenti, in Francia come nel resto dell'Occidente, per assoggettare i popoli ed annichilire le

sovranità nazionali.

Eric Delcroix

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